Perchè quanto più difficile è il traguardo, tanto più alte sono le performance..

Fissare traguardi specifici ed impegnativi è un mezzo per aumentare l’interesse delle persone, aiutarle a trovare gli aspetti gratificanti di un’attività e dare uno scopo ed un senso ai loro sforzi.

Quando le persone condividono un obiettivo ambizioso, si ingegnano, fanno leva sulla tecnologia, ricercano, escono dalla propria zona di comfort e finiscono per risolvere problemi che sembravano irrisolvibili.

Lo sapeva bene Steve Jobs, passato alle cronache per “alzare l’asticella oltre l’inverosimile”, “distorcendo il campo della realtà” ed attivando così nei propri collaboratori, tutte quelle risorse nascoste a cui l’uomo fa spesso ricorso quando deve raggiungere imprese impossibili (o quando deve “sopravvivere”).

Spesso è solo una questione di mentalità e di ricerca in campi non convenzionali.

Come diceva non ricordo chi “se vuoi far passare i consumi di un mezzo da 22km/litro a 25km/litro devi sforzarti un bel po’ su quanto puoi fare su peso, motore ed attrito…. ma se vuoi far passare da 22km/litro a 100km/litro allora devi cambiare tutto il tuo modo di pensare il mezzo” (il che è molto più stimolante)-

Spesso le più grandi innovazioni sono nate da chi ha alzato l’asticella fissando obiettivi ben al di là del campo razionale… attivando risorse che sono generalmente poco accessibili a chi si accontenta semplicemente di migliorare l’esistente in modo “incrementale” (accedendo a schemi di pensiero ridotti, lenti e convenzionali)

bibliografia: #48/2021 (Rivoluzione OKR di John Doerr)

Tiny Habits (#20/2022)

di BJ Fogg pag. 401 7 Aprile 2022

Tutti almeno una volta abbiamo cercato di cambiare qualcosa di noi stessi, della nostra condizione o del nostro modo di lavorare o di vivere.

Tutti in qualche modo abbiamo fallito perché convinti che l’unico fattore su cui spingere per acquisire un “nuovo comportamento” fosse la motivazione.

Ma la motivazione non si compra al mercato ed i cambiamenti vanno fatti per piccoli passi.

Questo testo analizza a fondo le dinamiche dei “nuovi comportamenti”… che fortunatamente non dipendono solo dalla nostra capacità di “motivarci” o automotivarci” a fare qualcosa ma anche da quella di innescare nuovi comportamenti rendendoli accessibili e facilmente implementabili.

I nuovi comportamenti che portano ad un qualsiasi cambiamento sono infatti il prodotto di tre fattori:

1) la motivazione (quanto siamo motivati ad intraprendere azioni che ci portano in direzione del cambiamento);

2) l’abilità (quanto siamo capaci o abili di assumere quel nuovo comportamento);

3) l’innesco (quanto è a portata di mano l’azione che porta ad assumere un nuovo comportamento).

Se non siamo riusciamo a motivarci sufficientemente, possiamo agire sugli altri due fattori in modo che il nuovo comportamento che vogliamo intraprendere sia più “accessibile” (lavorando sull’innesco) o che le azioni che vi sono connesse siano “più facili” da intraprendere (agendo sulla nostra abilità nel farle).

Con uno stile semplice ma scientifico, il fondatore del “Behavior Design Lab” di Stanford, uno dei massimi esperti mondiali di studi comportamentali, struttura un percorso molto pratico in tre passi:

– Iniziare dalle piccole cose;

– Individuare il proprio personale stimolo all’azione;

– Celebrare (nel senso rituale del termine) ogni progresso;

Un libro innovativo ed in controtendenza che dà consigli specifici per gestire lo stress al lavoro, mantenere il benessere personale e ridurre l’impatto degli eventi in un’epoca di forte incertezza.

Puntare in alto: il segreto delle aziende più innovative

L’auto a guida autonoma sembrava una cosa impossibile fino a 10 anni fa… come si è realizzata?

Con obiettivi che puntano in alto..

Il leader del team Google X che ha sviluppato il progetto a guida autonoma di google lo ha riassunto così:

“Se vuoi che la tua auto faccia trenta chilometri con un litro allora puoi provare a risistemare un po’ la tua macchina…. ma se ti dico che deve fare duecento chilometri con un litro di benzina allora devi ricominciare daccapo”.

La morale che sta dietro a questa frase è che spesso si cerca di evolvere i prodotti già esistenti, usando logiche esistenti, progettando con metodi già sperimentati e cercando di agire sempre sugli stessi parametri.

Quando Apple tirò fuori l’iPhone, tutti i maggiori produttori di telefonini continuavano a pensare ancora a come migliorare il tastierino del Blackberry…

Stessa cosa è successa con Space X che si inserì in un mercato oligopolistico (per lo più “governativo”), in cui nessuno dei maggiori players su scala mondiale aveva pensato alla possibilità di “riciclare” il primo stadio di un razzo spaziale (cosa che ha fatto appunto Space X, abbattendo di più di 10 volte il costo dei viaggi nello spazio ed aprendo una nuova era).

Generalmente l’evoluzione procede a piccoli passi quando si pensa a miglioramenti di ciò che già esiste… ma è quando si guarda un po’ più in alto che paradossalmente si trovano soluzioni davvero innovative…

Questo è il vero motivo per cui è vantaggioso pensare “out of the box”… il problema è riuscire a farlo..

bibliografia: #48/2021 (Rivoluzione OKR di John Doerr)

Visual MBA (#19/2022)

di Jason Barron pag. 192 11 Aprile 2022

Visual MBA è un compendio di un programma MBA che usa le immagini per riassumere i concetti chiave di un master in management.

Un MBA (master in business administration) è un grosso investimento sia in termini economici che in termini di tempo.

In questo libro l’autore offre una soluzione radicale ed innovativa che a partire dagli appunti presi durante il corso, restituisce schizzi esemplificativi per ogni lezione appresa, sintetizzando visivamente i punti essenziali dei vari argomenti, mettendo in evidenza i concetti fondamentali e creando una risorsa accessibile per chiunque abbia la volontà di capire meglio alcuni dei concetti di base di marketing, economia e finanza.

Senza la pretesa di sostituire un master, questo testo restituisce argomenti utili trattati in una modalità piacevole e di sicuro impatto visivo.

Un fattore fondamentale per gestire team globali

E’ sempre più frequente, specialmente in contesti multinazionali, trovare gruppi di lavoro che collaborano senza frontiere dai luoghi più disparati del globo.

Questi “team virtuali”, devono affrontare la sfida della comunicazione attraverso media digitali e gestire non solo le diversità culturali ma anche i fusi orari ed i cambiamenti imposti dalla complessità di un mondo sempre più globalizzato ed interconnesso (fatto da mercati volubili e da progetti complessi).

Il fattore di maggior coesione in team che si trovano ad affrontare insieme tutte queste sfide, è il senso di uno scopo comune e la sicurezza di poter contare gli uni sugli altri.

Creare un ambiente flessibile che tenga conto non solo delle esigenze dei singoli ma che rispetti anche le peculiarità di ognuno (di chi ha figli e di chi non li ha, di chi deve portare a spasso il cane o di chi deve assistere la suocera, di chi deve seguire i figli nella didattica a distanza o di chi ha “l’ora sacra” del jogging etc.), è un elemento fondamentale per consentire a tutti di esprimere al meglio le proprie potenzialità, mettendo sul piatto il 100% del loro talento o di quello che possono ragionevolmente fare in rapporto alle circostanze, ai diversi momenti di vita professionale e familiare che si trovano ad affrontare.

Si parla tanto di performance ma alla fine siamo tutti umani: tutti abbiamo delle esigenze, che siano fisiche o mentali, che siano dettate da condizioni esterne o che siano frutto di moti interiori.

Tutti a prescindere dai ruoli, dalle nazioni, dalle circostanze o dal tipo di lavoro hanno più o meno lo stesso tipo di esigenze (il riconoscimento, l’approvazione sociale e la tranquillità sono aspirazioni trasversali che prescindono dalla generazione o dalla nazione di appartenenza).

Capire questo semplice concetto e tramutarlo in azioni o in “attenzione” quando si fa un meeting e ci si rivolge ai propri colleghi o collaboratori è fondamentale.

Non c’è bisogno di corsi avanzati, di skills o di competenze difficili da acquisire… ma è necessario saper cambiare la prospettiva, mettersi nei panni degli altri (che sono anche i propri) e saper essere “intellettualmente flessibili”.

La “sicurezza psicologica” è un elemento fondamentale in qualsiasi team… ed anche se quando si trasferisce la cooperazione in ambito internazionale il grado di complessità aumenta, le variabili umane e di relazione sono più o meno le stesse per tutti.

Per questo tenere conto di queste “variabili” e creare un ambiente sicuro in cui ognuno può esprimersi per quello che è realmente, diventa qualcosa che può determinare il successo o meno di un progetto, di un prodotto o di un servizio…. “worldwide”

rif 76/55/2021

Un’ azienda è come un jet con due motori..

Gli aerei sono quasi tutti bimotori anche se in linea teorica il volo sarebbe possibile anche con uno solo.

Se i reattori funzionano entrambi in modo ottimale, l’aereo volerà correttamente.

Se uno dei due reattori non funziona a dovere, l’aereo può volare lo stesso ma lo farà perdendo efficienza, velocità e “sicurezza”.

Un’azienda è come un aereo in cui il primo motore sono le persone e l’altro il profitto.

L’obiettivo di un’impresa è fare in modo che entrambi i motori, il profitto e le persone, ricevano entrambi la stessa attenzione per assicurare il massimo della sicurezza e delle prestazioni (due concetti fondamentali non solo in aereodinamica).

Per tenere l’aereo in un equilibrio perfetto, è necessario alimentare entrambi i motori affinchè lavorino insieme per produrre il risultato ottimale.

In azienda, quando il profitto serve a far lavorare meglio le persone, le persone lavorano meglio per creare più profitto… e l’impresa, come un aereo, viaggia al massimo della sua velocità ….

HCE la scienza delle interazioni umane (#18/2022)

La scienza delle interazioni umane

Quanto conta la prima impressione?

Esiste una neurofisiologia della vendita e più in generale una scienza che può dare una chiave per la comprensione delle relazioni fra due persone che approcciano qualsivoglia tipologia di interazione?

Quali sono i meccanismi consapevoli o inconsapevoli che si innescano durante un processo di vendita?

Seguendo un modello ben preciso, studiato silla base di tecniche, strumenti e principi di neuroscienze applicate al comportamento umano,  è possibile migliorare l’approccio alla negoziazione ed al business.

Grazie ad un approccio scientifico la vendita (e non solo), diventa il risultato di processi prevedibili e determinabili.

Le leggi fondamentali dell stupidità umana (#17/2022)

di Carlo M. Cipolla pag. 93 30/03/2022

Le persone si dividono in “intelligenti, banditi, sprovveduti o stupidi” in modo trasversale, senza distinzioni di genere o di casta sociale….. e sono equamente distribuiti (indipendentemente dal gruppo le loro quote percentuali rimangono le stesse).

In questo libriccino esilarante di 95 pagine (illustrazioni comprese) c’è un concentrato di saggezza ed un mix fra arte, scienza e ricerca che fa di questo testo un “must” di sociologia.

Oltre ad elencare le 4 “leggi fondamentali” della stupidità umana, l’autore divide le persone in 4 quadranti in base agli effetti che le azioni di alcune persone hanno su se stessi e sugli altri.

Così vengono definite intelligenti le persone che fanno azioni che portano benefici per se stessi ma anche per gli altri, banditi quelle che portano vantaggi per se stessi a discapito degli altri, sprovvedute persone che fanno azioni a vantaggio degli altri ma che svantaggiano se stessi e “stupidi” le persone le cui azioni recano danni a tutti.

Partendo da questa disamina, l’autore arriva ad alcune conclusioni:

“La persona intelligente sa di essere intelligente”.

Il bandito (una persona che arreca danno agli altri ma che per lo meno crea un vantaggio per se stesso), ha almeno una forma di intelligenza razionale (per quanto deprecabile).

Lo sprovveduto (colui che arreca vantaggio agli altri nuocendo per se stesso) è penosamente pervaso dal suo senso di sprovvedutezza ma almeno fa qualcosa di buono.

Lo stupido non sa di essere stupido… e ciò contribuisce potentemente a dare maggior forza , incidenza ed efficacia alla sua azione devastatrice.

E’ evidente quanto il contributo dello stupido sia tanto più nocivo quanto più egli non sa di essere stupido (in quanto mancante di quella “auto-coscienza” che indirizza le azioni in modo razionale).

Così, “Col sorriso sulle labbra, come se compisse la cosa più naturale del mondo, lo stupido comparirà improvvisamente a scatafasciare i tuoi piani, distruggere la tua pace, complicarti la vita ed il lavoro, farti perdere tempo, denaro, buonumore, appetito… e tutto questo senza malizia, senza rimorso e senza ragione… stupidamente”.

Il problema di quanto si incontra uno stupido è la totale impotenza di fronte alle sue scellerate azioni… che non avendo una base razionale, impediscono di elaborare un piano “razionale” di contromisure per contrastarlo… rendendo la persona intelligente (o il bandito, o lo sprovveduto) assolutamente inerme.

Le leggi della stupidità umana non preservanoo dagli stupidi… ma mettono ironicamente a conoscenza su alcune dinamiche che ognuno di noi avrà sicuramente sperimentato (a meno che non sia egli stesso, incoscientemente, uno “stupido”).

P.S.: Carlo Cipolla è uno storico economico che ha insegnato alla University of California, Berkeley ed alla Scuola Normale di Pisa…. la versione di questo libro contiene illustrazioni di Altan (noto illustratore de “l’Espresso” e “La Repubblica”).

Perchè migliori non danno ordini..

I leader migliori non dicono cosa devi fare.

Vanno verso una meta che riconosci come la tua.. e che vedi così chiaramente da non poterti che orientare in quella direzione.

Proiettano la propria visione, fanno in modo che questa appaia come “la via migliore da perseguire” e poi la imboccano senza esitazione.

I migliori fanno leva sulla motivazione intrinseca delle persone, senza dirgi cosa fare, quando farlo e come farlo… così che queste trovino estremamente sensato e nelle proprie corde farlo semplicemente senza costrizione (perchè profondamente convinte e consapevoli delle loro azioni e del loro impatto sul raggiungimento di un obiettivo che diventa quello di tutti).

A guardar bene, i migliori danno ordini senza dare ordini..

Perchè quando hai una direzione chiara e sai già cosa fare e come farlo, gli ordini non sono più necessari..

4 regole per una comunicazione professionale efficace…

Perchè dovrei ascoltarti?!?

Tutti sanno che una comunicazione che va in un’unica direzione è solo una perdita di tempo (e di soldi).. ma in quanti si attrezzano per evitare che questo accada?

Spesso nelle nostre interazioni professionali (e non), commettiamo l’errore di strutturare la comunicazione in una direzione sola, concentrandoci più a parlare piuttosto che a verificare che chi ci ascolta sia ricettivo.

Per una miriade di motivazioni, non ci si preoccupa né di ricevere un feedback rispetto a quello che si vuole dire, né di assicurarsi che la comunicazione sia chiara e porti l’effetto sperato…. trasformando le discussioni ed i “meeting” in monologhi senza interlocutore che rischiano di far perdere a tutti un sacco di tempo.

La non chiarezza o la poca ricettività hanno effetti anche sul “dopo”, perché un messaggio non chiaro o “unidirezionale” può fare più danni di un messaggio non detto, facendo perdere credibilità e minando tutte le interazioni future (chi ti ascolterà quando alla prima occasione hai bruciato tutte le possibilità di uno scambio proficuo?!? e tu avresti voglia di sentire un’altra persona dopo che ha monopolizzato il tuo tempo senza interessarsi a cosa ne pensi di un dato argomento?!?).

Quando il messaggio è importante (ad esempio se riguarda le proprie aspettative di carriera o un feedback per migliorare l’operato di un collaboratore), e si vuole “arrivare” all’interlocutore, è fondamentale:

– prendersi tempo per spiegare prima di tutto a se stessi cosa si vuole dire (chiarirsi l’obiettivo aiutandosi eventualmente con 2/3 punti cardine su cui sviluppare la discussione);

– preparare il discorso (magari provandolo o chiedendo una opinione ad una terza parte non coinvolta);

– inserire nel discorso elementi di interattività e scambio (facendo in modo che il messaggio preveda una “partecipazione” dell’altra persona);

– verificare che l’interlocutore abbia recepito (facendogli domande ed assicurandosi che l’altro abbia compreso a fondo quello che volevamo dire).

Qualsiasi messaggio, è come un seme: se lo butti in terra senza preparare il terreno, difficilmente è possibile raccoglierne dei frutti (in tal caso tanto vale occuparsi di altro.. risparmiando il tempo della “semina”).

Purtroppo la preparazione richiede tempo e fatica che pochi hanno voglia di spendere… ma è un passaggio necessario per dare un senso a quello che diciamo (ed in definitiva a quello che facciamo).

Un messaggio dato male ha lo stesso effetto di una prima brutta impressione: dà pochissimo spazio ad una seconda possibilità..

In sintesi, prima di parlare bisognerebbe sempre chiederci perchè il nostro interlocutore dovrebbe ascoltarci… ed in caso di dubbio tenere presente che è quasi sempre meglio tacere che minare ogni possibilità di interazione futura..

#comunicazione#feedback