Non perderti in un bicchier d’acqua di Richard Carlson (04/01/2020)

Ogni volta che dobbiamo affrontare una brutta notizia, una persona difficile o una delusione qualsiasi, per abitudine tendiamo generalmene ad esagerare, a gonfiare le cose ed a concentrarci solo sugli aspetti negativi dell’esistenza.

Questo libro si propone di provare a “resettare” il nostro atteggiamento, cercando di ridimensionare la realtà delle cose e provando ad apprezzare il presente ed a viverlo nel migliore dei modi come “unico tempo certo” sul quale vale la pena investire.

Attraverso una serie di esempi, esercizi e buone pratiche, l’autore ci guida verso nuove consapevolezze, suggerendo modi e metodi per affrontare noi stessi e cambiare la nostra vita modificando approccio ed “abitudini”.

Partendo dalla inevitabilità del passato (dal quale evidentemente non possiamo far altro che prendere le distanze cercando di non farsi condizionare) e dalla variabilità del futuro (sul quale non abbiamo nessuna certezza), dobbiamo concentrarci sugli aspetti che possiamo tenere sotto controllo come il nostro atteggiamento mentale e la nostra visione della realtà.

Dal libro emergono considerazioni e consigli solo superficialmente scontati come:

  • non prendersela per le piccole cose (astenersi dal “perfezionismo”)
  • mettersi nei panni degli altri e rinunciare al proprio “ego” ed alle proprie “aspettative”
  • essere più paziente, esercitarsi a calmare la mente ed abbassare la nostra soglia di stress (la vita non è una “emergenza”)
  • essere più flessibili e cambiare il nostro modo di affrontare i problemi
  • saper dire di no, riuscire a prendersi “i propri spazi” e “seguire l’intuito”..

La vita dovrebbe essere vissuta con maggiore leggerezza, imparando a vivere nel presente e riflettendo profondamente sull’ineluttabile evidenza che non siamo eterni (e che fra cento anni qualsiasi cosa ci succeda non avrà l’importanza che gli diamo).

Un corposo capitolo è dedicato al “donare agli altri”: fare qualcosa di gentile ogni giorno, praticare atti di generosità (come fare un’adozione a distanza o scrivere lettere di apprezzamento), avere gratitudine ed imparare a ringraziare, coltivare “riti di cortesia” e fare in modo che la solidarietà diventi parte integrante della nostra vita sono tutti elementi funzionali a perseguire uno stile di vita nuovo al quale possiamo aspirare solo evitando di “perdersi in un bicchier d’acqua”…

Buona lettura…

Perchè a volte non dovresti rispondere al telefono..

Rispondere al telefono, essere sempre reperibili, affannarci, stare dietro al ritmo frenetico della vita è diventato un must… qualcosa da cui non possiamo assolutamente sottrarci.

In un mondo sempre più “demanding” siamo diventati macchine da impegni “inderogabili”: qualsiasi cosa facciamo dobbiamo farla al massimo, di corsa, con efficacia e con il minimo impatto sugli altri.

Ogni cosa è una continua rincorsa finalizzata ad inzeppare le nostre giornate fino a scoppiare.

In tutto questo c’è l’ansia di dover essere sempre reperibili, di dover rispondere non solo a noi stessi ma anche a capi, mogli, figli, amici e persone che a vario titolo gravitando nella nostra vita…

Il concetto di inderogabilità è però relativo alla nostra percezione delle cose… a come pensiamo di sentirci giudicati se ce ne sottraiamo o al nostro bisogno di controllo sulla vita e su tutti i suoi aspetti.

Il fatto è che non pensiamo mai al nostro ruolo nel mondo, alla nostra provvisorietà ed al fatto che senza di noi le cose andrebbero avanti lo stesso.

Penso sia capitato a tutti nella vita un imprevisto per il quale non siamo stati in grado di ottemperare ad un qualche impegno… magari una ruota bucata, una febbre improvvisa o un qualsiasi contrattempo che non ci ha consentito di rispettare la rigida scaletta che ogni giorno ci diamo… che cosa è successo in quelle occasioni?

Probabilmente i vostri figli saranno andati a scuola lo stesso, il vostro capo avrà fatto a meno di voi o avrà rimandato al giorno successivo quel lavoro che avreste dovuto fare… probabilmente avrete mangiato lo stesso per cena o vostra moglie/marito non avrà patito troppo la vostra assenza.

Siamo abituati a pensare che siamo indispensabili e che il nostro sia l’unico modo di concepire la vita eppure il mondo è pieno di imprevisti, di cose che non vengono fatte e di persone che sopravvivono anche senza essere completamente soffocate dagli impegni.

Rallentare la nostra percezione non è per niente facile: richiede prima di tutto un totale autocontrollo, una visione più distaccata ed in definitiva anche una buona capacità di lasciar correre e di rinunciare alla perfezione.

Anche nel rapporto con gli altri dovremmo essere meno pretenziosi verso noi stessi e rinunciare a tendere la mano quando siamo impossibilitati a farlo o quando questo ci complica ulteriormente le cose: questo non è un invito a non aiutare il prossimo quando realmente serve ma semplicemente a scremare e filtrare le richieste in modo che esse non siano un ostacolo per noi (e non ci tolgano inutilmente tempo ed energie).

Un esempio classico sono le telefonate: riceviamo telefonate in continuazione di cui la maggior parte o non sono necessarie o aumentano l’entropia delle nostre giornate.

Non rispondere ad alcune telefonate è una scelta di libertà che consente di razionalizzare il nostro tempo, non farci distrarre e riuscire a completare i nostri compiti più velocemente.

Anche se è difficile non rispondere ad una chiamata, tanto più si riesce a farlo, tanto più guadagnamo tempo: le persone che non avranno effettivamente bisogno di noi cominceranno a cercarci meno (non fate troppo affidamento che lo facciano mogli o mariti) e noi eviteremo di farci disturbare e distrarre mentre facciamo altre cose.

Come per le email, prendere l’abitudine di richiamare in precisi momenti della giornata (dedicando il tempo necessario in non più di un paio di frangenti) aiuta a filtrare le richieste ed a razionalizzare il tempo.

Sylicon Valley

di E. Chioda e T. Tripepi pag.368 (31/01/2020)

Libro interessante per conoscere il mondo delle start up e dei venture capital.

Trattazione schematica e tecnica ma con molte testimonianze di italiani che hanno fondato aziende nella silicon Valley.

Non mancano i racconti sulle star come Google, Facebook &Co e sulle storie dei loro fondatori.

Ottima anche la parte relativa ad incubatori ed università che da sempre supportano il processo di creazione e finanziamento delle start-up di oltreoceano.

Consigliato per chi vuole farsi un viaggio in California e vedere quel mondo dove “le cose funzionano”

Perchè leggere sarà una delle chiavi nel mondo di domani

Dopo la laurea in ingegneria ed anni passati sui libri, leggere è stato per molto tempo una delle cose meno attraenti da fare in assoluto…

Dopo aver passato la mia prima parte della carriera a correre e rincorrere nella malefica quanto affascinante trappola del criceto (quella che ti tiene 12 ore al giorno inchiodato a lavorare per almeno 5 giorni su 7), ho riscoperto la lettura non solo come momento di svago e di pausa ma come momento di incredibile accrescimento personale.

Qualsiasi persona voglia raggiungere dei risultati nel 2020 (qualsiasi essi siano), deve imparare a fare fondalmente due cose:

  • Sapersi prendere delle pause per essere più fresco, lucido e creativo
  • Essere informato ed aggiornato sugli argomenti relativi ai propri interessi

La prima è fondamentale per riuscire a ridimensionare i problemi, avere una visione più realistica del mondo ed entrare in sintonia con se stessi (e quindi con gli altri)

La seconda è altrettanto importante per riuscire ad avere argomenti e comunicare con le persone con cui condividiamo la nostra vita e le nostre passioni.

Leggere racchiude entrambe queste due cose e rappresenta davvero un qualcosa che ha un valore inestimabile in un mondo sempre più veloce ma anche sempre meno “informato”.

La lettura ti connette prima con te stesso (prendi del tempo per te, ti distacchi dai problemi della vita quotidiana, ti rilassi e ti ritrovi negli argomenti che più ti piacciono) e poi con gli altri (maturi interessi e conoscenze nuove, prendi spunto ed ispirazione per introdurre novità nella tua vita e ti armi di strumenti di conversazione estremamente potenti).

Leggere ti dà la possibilità di spaziare, di aprire porte che nel mondo lavorativo difficilmente ti saranno aperte: ti consente di concentrarti su quello che effettivamente conta per te e ti mette in condizione di poterlo condividere con gli altri.

La vita è una questione di tempismo..

Scegliere i tempi giusti nella vita è fondamentale… cambia radicalmente l’esito del nostro futuro e di quello che saremo.

Avere tempismo vuol dire fare la cosa giusta al momento giusto o mettersi nelle condizioni di “essere la persona giusta al momento giusto”.

La maggior parte di noi, presa dalla frenesia della vita, non considera questo importante aspetto che invece fa tutta la differenza del mondo: tutti corriamo a rincorrere qualcosa che molto spesso va solo aspettato.

Ci hanno inculcato il mito dell’andare di corsa quando in realtà quello che è necessario fare è camminare a passo spedito (ma non di corsa) ed osservare…

E come il criceto nella ruota noi puntualmente ci caschiamo pensando che più corriamo e prima raggiungiamo i risultati che vogliamo ottenere (che nella maggior parte dei casi o non riusciamo a definire o che puntualmente ci sfuggono).

Quello che siamo oggi è frutto di circostanze od occasioni che sembrano essere  imputabili al caso ma che in realtà sono funzione del tempo in cui abbiamo fatto determinate scelte.

La stessa foto scattata al mattino non dà gli stessi risultati che alla sera: anche se il paesaggio ed i soggetti sono uguali, la luce della sera distorge la realtà e fa sembrare le persone molto più alte di quello che in realtà sono… questa distorsione frutto di un “tempismo” può portare le persone stesse a sentirsi più alte, collocandole su un livello di energia diverso che a sua volta scatena reazioni diverse e fa evolvere situazioni e circostanze in modi che potrebbero sembrare inaspettati.

Il tempismo può rendere una foto diversa facendola passare da banale a “candidabile per un concorso”.. può cambiare i soggetti o la percezione degli stessi.

Cercare di osservare, muoversi silenti, imparare ad aspettare mentre si esplorano nuove possibilità sono competenze che ci preparano a saper identificare “il tempo giusto” in cui fare determinate scelte.

E se scegliete di ritrarre soggetti in grande, non abbiate fretta: abbiate la pazienza di aspettate la sera.

Le 5 qualità essenziali di Dale Carnegie

Una profonda riflessione sulla comunicazione assertiva e sulle caratteristiche fondamentali per avere relazioni efficaci.

Il libro analizza a fondo prima di tutto i limiti che stanno dietro ad una errata comunicazione: ansia e paura sono quasi sempre identificate come i due fattori ostativi il raggiungimento dei nostri obiettivi personali.

A partire da questi limiti e dal loro superamento, l’autore ci spiega come migliorare la nostra assertività ovvero la nostra capacità di parlare ed agire in modo talmente coerente e naturale da indurre attenzione e positività nell’interlocutore.

Come per il no positivo di William Ury (recensito in un altro post), si parte dall’assioma che ogni essere umano desidera essere trattato con equità e rispetto e che pertanto queste due modalità siano i perni centrali attorno cui affinare le tecniche della comunicazione.

Assertività vuol dire definire parametri ragionevoli che stabiliscano il confine fra un trattamento corretto o non corretto, in modo da dare una linea guida alla controparte e dirigere quindi la comunicazione nel rispetto dei suddetti limiti.

Alcuni dei consigli per garantire l’efficacia di una comunicazione:

  • Cominciare con una nota positiva
  • Adottare un punto di vista professionale, avendo cura di adeguare abbigliamento e modus comunicandi alla situazione
  • Effettuare un’analisi di se stessi, dei propri interessi e di quelli della controparte identificando anticipatamente le necessità di ciascuno e definendo pertanto il perimetro della discussione
  • Saper esternare le proprie posizioni ed emozioni (anche negative) senza personalizzare il problema, esprimendosi in maniera semplice ed avendo cura della corretta comprensione degli stessi da parte dell’altra persona
  • Saper affrontare le reazioni degli altri in modo da non lasciare che esse influenzino il nostro comportamento che deve essere volto sempre all’obiettivo della discussione ed ad una soluzione equa per entrambe le parti
  • Rispettare le volontà degli altri e pretendere il rispetto delle proprie
  • Fare attenzione al linguaggio del corpo durante tutto il processo comunicativo
  • Concludere sempre con una nota positiva

Una comunicazione efficace richiede prima di tutto preparazione: informarsi sulle persone e sui loro interessi attraverso domande o ricerche aiuta a capirne peculiarità e caratteristiche che possono essere utili in fase preparatoria.

Altri consigli da tener presenti durante una qualsiasi discussione:

  • Tenere un approccio positivo
  • Essere molto specifici quando affermate le vostre idee
  • Fare elogi sinceri alla controparte (“date agli altri una buona reputazione nella quale identificarsi”)
  • Usare pause e silenzi per attirare attenzione
  • Costruire rispetto, essere empatici ed aperti verso l’altro
  • Rivedere i messaggi e gli obiettivi in positivo, dettagliandoli ed orientandoli verso le propensioni piuttosto che verso le mancanze
  • Essere flessibili e capire gli errori che possono esserci durante uno scambio fra due individui con background diverso (ammettere i propri errori e conseguentemente adattare la propria comunicazione di conseguenza)
  • Essere curiosi, praticare l’ascolto attivo ed esprimere gratitudine
  • Utilizzare lo humor e creare un ambiente “professionalmente divertente”, favorendo lo scambio di idee
  • Chiamare le persone per nome, sostenendoli ai massimi livelli, mostrando un interesse sincero ed aiutandoli a “salvare la faccia” anche quando la comunicazione volge a vostro favore
  • Trovare un terreno comune, costruire fiducia, mantenere alta l’attenzione ed il contatto visivo
  • Saper ascoltare a fondo senza interloquire, fare domande per essere sicuri di aver colto a pieno il messaggio  
  • Gestire eventuali conflitti trovando sempre elementi “win-win”

Buona lettura…

Il potere dell’imitazione: perchè dovremmo farlo (e perchè non lo facciamo)

Da sempre l’imitazione è un concetto che assimiliamo a qualcosa di ludico (fare l’imitazione a qualcuno è come farne una caricatura).

Il concetto di imitazione si porta quindi dietro un’idea sbagliata di “essere qualcun altro” oppure di assimilare i comportamenti di un individuo esaltandone le peculiarità, gli eccessi e (spesso) le negatività.

A questo si somma come un macigno la paura del giudizio degli altri, quello di passare per “un’altra persona e conseguentemente di non “essere se stessi”.

Ma essere se stessi vuol dire in realtà “essere la migliore versione di se stessi” e quindi perchè non imitare gli altri in quelli che possono essere aspetti che ci rendono migliori?

In maniera del tutto erronea identifichiamo l’imitazione con il trasferire e proiettare la propria persona altrove… ma se sostituiamo “ispirazione” alla parola “imitazione” i connotati cambiano completamente.

Se ci ispiriamo ad una persona (magari un leader carismatico o qualcuno che stimiamo per quello che ha realizzato nella propria vita), non ci “snaturiamo”: prendiamo semplicemente spunto dai lati positivi di quella persona per trasformare il nostro carattere e renderlo vincente.

Imitare non vuol dire “emulare in toto” ma osservare, prendere ispirazione e mettere in pratica cose su cui gli altri hanno performance maggiori delle nostre.

Questo dovrebbe spingerci ad apportare modifiche al nostro stile di vita, al nostro modo di pensare e di agire ed al nostro modo di essere al fine di essere maggiormente confidenti in noi stessi e quindi più felici.

Tutti i maggiori riferimenti in materia di “crescita personale” consigliano di leggere i libri dei più grandi personaggi della storia ed ogni guru che si occupa di “coaching” consiglia di imitare, assimilare pensieri, abitudini e passioni di queste persone, affinchè si possa eccellere in un determinato campo.

Indipendentemente dal fatto che una persona voglia o meno diventare Steve Jobs o avere un’azienda multi-milionaria, il concetto può essere traslato in tutti i campi prendendo come riferimento una qualsivoglia persona che per un qualche motivo costituisca per noi una fonte di ispirazione.

Se pensiamo anche solo al nostro ambiente familiare o lavorativo, sarà capitato a ciascuno di noi di avere a che fare con persone che sembrano vivere le cose in maniera diversa dalla nostra, persone che sembrano essere più serene o affrontare le difficoltà in maniera più efficace rispetto a noi o che semplicemente riescono a viversi la vita in modo migliore indipendentemente (o anche dipendentemente) dalla propria condizione.

Prendendo spunto da queste persone, dovremmo staccarci dal concetto di vergogna e provare a fargli delle domande, a capirne intimamente carattere e propensioni, ad investigare sulle loro curiosità o sulle cose che le stimolano e che le fanno stare bene.

Osservare le abitudini, gli interessi e tutto ciò che possa essere di impulso per noi per poter fare come loro è già un primo passo per assimilarne alcuni tratti o caratteristiche che possono renderci migliori.

E tornando al concetto di “imitazione”, prendere pezzetti di vita delle persone ed appropriarsene non è un furto nè una cosa di cui aver timore: le persone che eccellono in determinati campi così come sono persone che a loro volta hanno “imitato” dei modelli, sono anche generalmente le prime a voler rendere gli altri partecipi delle proprie conoscenze per aumentarne qualità della vita e benessere.

Qualcosa sulla gestione del tempo…

Vado poco in ufficio ma quando ci vado sono solito portarmi un libro da casa ed appoggiarlo sulla mia scrivania come monito per ricordarmi che quella di leggere è una delle attività più importanti della giornata.

In realtà spesso succede che non ho modo di leggere in ufficio ma la sola presenza del libro, mi fa da monito e “reminder” per ritagliarmi un po’ di tempo entro la fine della giornata (per quanto banale vi assicuro che è un metodo molto efficace).

La gente è strana e curiosa ma poche persone si soffermano a chiedere informazioni sulla natura dei libri che leggo o semplicemente sul perchè ho l’abitudine di tenere un libro personale sulla mia scrivania di lavoro.

Detto questo ogni tanto capita che qualcuna delle decine delle persone che gravitano attorno alla mia scrivania chieda lumi su questa mia “strana” peculiarità..

Quando anche in questi pochi casi mi accingo a dare una spiegazione stringata, la prima considerazione nel 90% dei casi è “beato te che hai tempo”..

Sebbene il mio stile di vita consenta di non farmi etichettare come una persona che ozia o che perde tempo, il commento arriva puntuale ed inevitabile come una macchia di sugo su una camicia bianca appena indossata..

Generalmente la gente proferisce queste parole mentre va via quasi infastidita… come se pensasse che l’eventuale tempo in eccesso sia tolto a loro o come a rivendicare l’impossibilità per loro (ma non per me) di averne in abbondanza..

E’ buffo realizzare come nessuno riesce a formulare questo pensiero guardandomi dritto negli occhi.

Mi aspetterei che una persona mediamente intelligente si interrogasse sui motivi reconditi che stanno dietro al fatto in sè (ed a come si possa “avere” del tempo per le proprie passioni).

Contrariamente a quanto direbbe il buon senso, le persone o non chiedono niente oppure imprecano silenti con considerazioni di scarso valore mentre prendono la porta di uscita, non curandosi nè dell’eventuale effetto che queste affermazioni possano avere, nè fermandosi a riflettere sulla propria condizione (e sul come migliorarla).

Il punto vero è che difficilmente le persone “hanno tempo”… ma ci sono persone che si sforzano di creare quotidianamente le condizioni per averlo (e mediamente quando uno si impegna, riesce nell’intento)..

Il libro sul tavolo è una sorta di “impegno” a ricercare il tempo: nella maggior parte dei casi non riesco mai a leggere in ufficio ma il libro sul tavolo fissa una immagine che mi accompagna per tutta la giornata e che si radica nella mia mente creando un punto di “aggancio”.

Potete giurarci che di lì a sera, anche pochi minuti sul divano o nella pausa caffè dopo la cena, avrò trovato il modo di leggere un po’.

Nel 2019 con questa semplice “accortezza” (e con qualche indicazione sulla “lettura veloce”) sono riuscito a leggere circa 50 libri in un anno (una media di un libro a settimana).

Faccio fatica a pensare che qualcuno non possa essere in grado di ritagliarsi 15 minuti al giorno per una buona lettura (o per qualcos’altro).

Considerando che in una giornata ci sono 1440 minuti, se una persona non riesce a ritagliarsene almeno 15 per quello che gli piace fare allora non è che non ha tempo.. è che semplicemente deve imparare a gestirlo meglio.

Il no positivo di William Ury

Il no positivo (l’arte di condurre qualsiasi trattativa senza rinunciare ai propri obiettivi) di William Ury

Uno dei maggiori problemi della comunicazione è il fatto che non sappiamo dire di no.

Per paura di ferire, di sembrare scontrosi o semplicemente per un bisogno di compiacere, troppo spesso non diciamo “no” in modo efficace e finiamo per ritrovarci in situazioni tanto spiacevoli quanto complicate.

Se e come diciamo di no influenza non solo la nostra comunicazione con gli altri ma anche la nostra vita.

No è forse la parola più importante da saper dire con grazia e decisione, specialmente in un mondo in cui siamo sottoposti a troppi stimoli e condizioni che erodono le nostre energie e tolgono tempo alle attività veramente importanti.

Questo libro insegna come si può dire di “no” con stile, applicando metodologie specifiche della comunicazione: contrariamente ad un no ordinario, che incomincia e finisce con un “no”, un no positivo comincia col sì e finisce col sì, dando un’apertura all’interlocutore pur ribadendo una posizione.

La chiave per un no positivo (che sia da rivolgere ad uno spasimante troppo insolente, ad un figlio in preda ai capricci o ad un capo iper-stressante), sta nel rispetto dell’interlocutore ed ancora prima nel rispetto per se stessi e nella definizione delle proprie priorità.

Solo avendo definito bene quelli che sono limiti, confini e contenuti di ciò che vogliamo possiamo esporci all’esterno in maniera positiva e rispettosa: un no positivo presuppone una riflessione sul perchè stiamo dicendo di no ed un’apertura ad eventuali alternative da proporre al nostro interlocutore per trasformare un no categorico in una possibilità per l’altro di esprimere le proprie ragioni ed intenzioni.

Ogni persona vivente che affronta un processo comunicativo con un’altra persona, ricerca ossessionatamente solo una cosa: la volontà di essere ascoltato e poter esprimere la propria posizione.

Se riusciamo ad andare intimamente a fondo di noi stessi prima di affrontare una qualsiasi discussione, anche un “no” potrà essere percepito dalla parte opposta come un fatto positivo.

Un “no” positivo è pertanto un no proferito a ragion veduta, che riconosce ed identifica bene delle esigenze, che si afferma con assertività ma che lascia anche spazio all’espressione dell’altro ed  a possibili alternative.

Buona lettura..

Cosa ci fa un albero di natale nel paese più munsulmano del mondo… (quando le logiche commerciali superano ogni barriera culturale o religiosa)

Ho trovato questa “curiosità” in un viaggio ad Abu Dhabi nel Dicembre del 2019.

Abu Dhabi è la capitale degli Emirati Arabi Uniti (UAE), un gruppo di stati della penisola Araba formato da un gruppo di sceicchi e pertanto non propriamente celebre per la propria democrazia..

Sebbene non sia uno dei paesi più “radicali”, l’UAE è una regione pressochè totalmente “islamica” che vive nel deserto e che basa la propria economia sul petrolio.

E’ quindi evidentemente uno stato ricco che ha bisogno di vendere petrolio per essere ancora più ricco e per poter dare sfoggio della propria opulenza costruendo fac-simili di metropoli cosmopolite e globalizzate su di un letto di sabbia incandescente…

In questo contesto non è difficile trovare alberi di Natale nella hall di grandi alberghi che ospitano uomini d’affari di tutto il mondo.

Sì perchè nonostante il radicalismo, nonostante le donne siano coperte e nonostante sia tutt’oggi illegale diffondere via media le idee di una religione che non sia l’Islam, “gli affari sono affari” e se gli Emirati Arabi vogliono vendere ai propri clienti (per lo più occidentali), non possono sottrarsi dal fargli trovare a Dicembre un bell’albero di Natale… anche se confinato nella hall di un grande albergo che si affaccia su una spiaggia artificiale con palme e temperatura media di 30 gradi…