Clubhouse, LinkedIn, personal branding&Co: alcuni ottimi motivi per cui un professionista dovrebbe fare networking professionale..

Clubhouse, LinkedIn&Co: perché un professionista dovrebbe usarli attivamente?!? (ne parliamo su Clubhouse..)

LinkedIn è una piattaforma da 14 milioni di utenti (solo in Italia), ma una minima parte produce contenuti su base regolare.

Clubhouse è una App “vocale” per aprire discussioni su diversi temi e condividere informazioni e prospettive.

Il motivo principale per cui c’è ancora reticenza da parte dei professionisti nell’utilizzare attivamente queste piattaforme (strumenti di networking professionale e personal branding), è riconducibile ad un retaggio legato all’immagine del manager in giacca e cravatta..

Ma il mondo è cambiato..:

1 la nostra carriera non segue più parametri fissi

2 aziende e responsabili hanno cicli di vita sempre più brevi

3 moltissime professioni stanno acquisendo sempre più un carattere temporaneo o “fractional”

4 per affrontare le sfide del futuro è necessaria una contaminazione di conoscenze che deve passare necessariamente dalle nuove tecnologie e dai nuovi modi di fare comunicazione

…il concetto di “immagine professionale” sta cambiando.. e trascurare le nuove tendenze può essere un errore indipendentemente dagli obiettivi che abbiamo…

P.s: se non avete tempo di leggere l’articolo ne parliamo su Clubhouse venerdì alle 17…. link nel primo commento

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Non è escluso che in futuro saremo tutti “freelance”… costretti a curare il nostro “brand” per allargare il nostro orizzonte e fare marketing indipendentemente dagli obiettivi che ci prefissiamo..

Per capire perché non curare il networking ed il personal brand potrebbe essere un errore, è necessario innanzitutto precisare due concetti fondamentali:

1)     il personal branding non è una “mera promozione di se stessi”, ma una rappresentazione della propria immagine (realistica) mirata all’espressione delle proprie caratteristiche con la finalità di condividere esperienze o comunicare valori ed intenti in modo efficace (con o senza l’uso dei social).

2)     il Networking professionale non deve essere frainteso con l’allargamento indiscriminato della propria rete (per avere più follower, contatti o per raggiungere uno scopo individuale di breve termine), ma è di fatto un’attività di “estensione” attiva dei propri confini finalizzata alla condivisione di informazioni ed alla ricerca di nuove conoscenze negli ambiti di proprio interesse.

L’importanza della “comunicazione” è ormai nota da diversi secoli ed è trasversale ad ogni ambito: Networking e personal branding sono solo due nuovi termini per rispolverare alcuni concetti di base sul modo di farla (e LinkedIn o Clubhouse niente altro che nuovi strumenti).

Qui di seguito alcuni motivi per cui imparare ad utilizzare correttamente i nuovi canali comunicativi (facendo del networking e del personal branding una pratica quotidiana) è fondamentale indipendentemente dagli obiettivi che si vogliono perseguire.

1)     Se l’obiettivo è condividere esperienze ed aumentare il network:

per chiunque abbia questo come obiettivo, fare personal branding oggi è l’unico modo per arrivare alle persone a cui ci si rivolge (e per ricercarle all’interno di network virtuali, aumentandone il numero e con esso le occasioni di confronto).

Se non si vuole rimanere nell’ambito del proprio ufficio, scrivere contenuti per attrarre persone dagli stessi interessi è l’unico modo per perseguire questo risultato, facendo leva su una platea enorme di potenziali contatti ed amplificando quindi il proprio “risultato” (che sia quello di avere feedback o quello di potenziare la propria rete di contatti).

Il 90% della comunicazione di oggi passa su social ed internet: non esserci significa rinunciare a canali non più trascurabili.. e rimanere inevitabilmente confinato in spazi fisici che limitano enormemente le proprie possibilità.

2)     Se l’obiettivo è vendere prodotti o servizi:

In un mercato saturo di offerte, le strategie per accaparrarsi un cliente devono crescere di pari passo con le aumentate esigenze del consumatore a cui ci si rivolge.

Il prodotto di qualità non è più un fattore unico di successo: è necessario costruire una strategia di marketing adeguata, acquisire ottime capacità di storytelling e trasmettere i valori con cui quel prodotto viene creato…

Il prodotto non basta più: deve essere un prodotto con dei valori, costruito per essere sostenibile e raccontare la storia delle persone che lavorano a quel progetto/prodotto o servizio…

Chi compra un prodotto o un servizio si affida a dei valori o ad un gruppo di persone: un aspetto non secondario che non può essere più sottovalutato (nemmeno se il vostro prodotto è un “evergreen”)

3)     Se l’obiettivo è scrivere un libro:

per chi vuole scrivere un libro su argomenti su cui ritiene di aver accumulato sufficiente esperienza e conoscenza, il personal branding è un passaggio obbligato…

Molti bravissimi scrittori, prima scrivono un testo e poi si fanno conoscere… col risultato che i volumi di vendita (e l’efficacia del marketing) sono molto ridotti.

Chi vuole vendere un libro o un’esperienza, deve garantire a priori che i contenuti saranno interessanti e che varranno la pena dell’investimento: in un mondo dove l’informazione gira velocissima attraverso canali digitali, per vendere un libro cartaceo non si può prescindere dall’offrire (su piattaforme digitali) anteprime che spingano all’acquisto… le persone che decidono di acquistare un libro cartaceo devono conoscere l’autore e fidarsi di lui…altrimenti chi scrive deve accontentarsi dei parenti o di qualche amico che gli voglia particolarmente bene..

4)     Se l’obiettivo è migliorare la propria comunicazione:

per chi vuole migliorare le proprie competenze comunicative, non c’è altra strada che sottoporsi a test di un pubblico più vasto di quello che risiede nella propria mente o di quello delle quattro pareti di un ufficio: un ambiente globale ha bisogno di confini più estesi di quelli a cui siamo sempre stati abituati.

Quello di utilizzare un ambiente relativamente asettico è ovviamente un rischio ma è un passaggio obbligato per avere un feedback reale e realistico sul proprio piano di comunicazione.

Scrivere articoli aiuta a capire se le tematiche che si trattano hanno un qualche interesse, se le si affronta con la dovuta efficacia e se si è in grado di far arrivare il messaggio relativo a quello che si vuol dire.

Avere dei feedback a 360 gradi espone indubbiamente a rischi… ma se lo scopo è quello di migliorare questa strada non è una scelta ma un passaggio obbligato.

5)     Se l’obiettivo è cambiare ruolo o azienda:

Il passaparola rimane un validissimo strumento e spesso il più usato (ed abusato).

Se si vogliono maggiori possibilità di scelta è fondamentale farsi conoscere ad un pubblico più ampio e fare emergere la propria professionalità e le proprie esperienze cercando di raccontarle al di là del curriculum.

A questo si aggiunge il fatto che sempre più aziende (o manager), sotto la pressione della competitività e di mercati che non consentono più di assumere candidati sbagliati, cercano di scavare a fondo per verificare le reali conoscenze/esperienze di una persona, valutando attitudini a 360 gradi ed analizzando elementi extra-professionali: fare personal branding aiuta i recruiter (o i manager di altre funzioni) a comprendere meglio con chi hanno a che fare… il che previene anche dal rischio di non incappare in lavori poco adatti alle proprie caratteristiche ed ai propri “desiderata”.

6)     Se l’obiettivo è fare carriera:

molti pensano che il vecchio modo di fare carriera sia ancora in auge… credendo sia sufficiente saper accondiscendere al proprio responsabile e possibilmente anche a quello sopra si commette un grave errore.

Questo modello poteva essere valido in un mondo ristretto e relativamente stabile in cui la vita utile di un’azienda era maggiore a quella lavorativa del singolo ed in cui si poteva avere la moderata certezza che un manager rimanesse abbastanza a lungo da poterci accompagnare nella nostra crescita professionale..

Adesso che il turn over del management è molto più elevato, che anche professioni di middle management si avviano verso un concetto fractional (o di “freelance”) e che la vita media di un’azienda si accorcia laddove le nostre carriere lavorative si allungano, i nostri confini non possono più essere “limitanti”.

Da qui la necessità di riuscire a comunicare ben oltre la propria sfera attuale… cercando di far valere la propria immagine al di là dei ruoli e di circostanze che cambiano sempre più rapidamente.

7)     Se l’obiettivo è essere un buon manager (o un buon CEO)

Fino a ieri diventare Manager/CEO era il massimo riconoscimento che si poteva ottenere… un Manager/CEO era all’apice di una scala gerarchica stabile… e poteva permettersi di stare chiuso in quattro stanze e di farsi portare il caffè in ufficio senza vedere nessuno.. manovrando fili con la forza del pensiero e circondandosi di un’aurea misteriosa e celeste.

Oggi non è più così… ed anche i Managers/CEO devono darsi un gran da fare per poter stimolare esigenze sempre più sofisticate di dipendenti che hanno bisogno di comunicazione (per dare il massimo e servire l’azienda al massimo delle proprie potenzialità).

In un mondo moderno il Manager/CEO deve prima di tutto essere “un amministratore di se stesso”, saper comunicare i propri valori (in linea con quelli dell’azienda che guida) e dare direttive anche da remoto..

Il Manager/CEO secondo la concezione moderna è forse la figura che maggiormente deve riuscire a penetrare la cortina di fumo fatta da piramidi ed organigrammi troppo alti… ed arrivare al cuore pulsante di chi è responsabile principale del risultato operativo di un’azienda moderna: i dipendenti.

In un mondo in cui il valore assoluto del proprio operato è comunicare in modo eccellente, non fare personal branding è come rinunciare a parte di una comunicazione efficace: cosa particolarmente rilevante se chi deve farlo è qualcuno i cui risultati dipendono fortemente dal modo di comunicare..

Tanto più vasta è la platea di dipendenti e tanto più è importante fare personal branding, raccontare se stessi e trasmettere quotidianamente la direzione che ogni singolo dipendente deve perseguire… (specialmente in un regime di smartworking e lavoro “da remoto”).

In conclusione..

Qualsiasi sia lo scopo o il ruolo di un professionista, oggi non si può prescindere dal personal branding e da una comunicazione che, per essere efficace, deve correre qualche rischio..

Esporsi, trasmettere valori, mostrare le proprie caratteristiche (inclusi punti di forza e debolezze) non è facile ma sarà sempre più fondamentale per emergere e raggiungere i propri obiettivi indipendentemente dalla loro natura.

E se finora non dire niente era meglio che rischiare di dire qualcosa di “sbagliato”, la società sta andando in una direzione tale per cui se hai qualcosa da dire è bene farlo… perché in futuro chi non dirà niente… sarà davvero perché non ha niente da dire..

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