L’eccellenza non basta (#2-2024)

L’eccellenza non basta…

Nei furiosi anni ’20, in un mondo contemporaneo dominato dalla velocità, il nostro paese rischia di pagare a caro prezzo la mancanza di lungimiranza e di ammodernamento che ha caratterizzato gli ultimi 30 anni.

Ancora speranzosi in una mano divina che possa riportare politica ed economia ai livelli del dopo-guerra, ci crogioliamo sui fasti passati senza intraprendere alcuna riforma strutturale che tenga conto dei passi da giganti fatti dalla tecnologia e dalle economie di quel “terzo mondo” che nel frattempo ha assunto un ruolo di rilievo nella geopolitica mondiale.

A vecchi problemi mai risolti, si aggiungono oggi una demografia inclemente (con tassi di natalità ai minimi storici) e la perdita di quella energia vitale tipica della classe imprenditoriale che ci ha fatto raggiungere lo stato di quinta economia mondiale.

Il richiamo alle nostre eccellenze (turismo e moda in primis), che per lungo tempo ha coperto problemi strutturali, non basta più a sostenere l’idea di un paese moderno che non c’è più.

Quelle “eccellenze” (che nel frattempo hanno venduto a grossi gruppi internazionali), sono di fatto diventate ombre di loro stesse: fantasmi che cercano di sfruttare ancora la “coda lunga”, per continuare ad accaparrare più denaro possibile senza investire sul lungo termine.

E’ così che le nostre città si stanno trasformando in posti per ricchi , convertendo le botteghe locali in negozi per turisti e spingendo le persone a dare i propri appartamenti in affitto (con la conseguenza di far innalzare i prezzi e di rendere invivibili i centri storici).

Le vecchie eccellenze che un tempo hanno rappresentato il cuore della vita politica, sono sempre più disinteressate alle sorti collettive di una comunità progressivamente più anziana e sempre meno in grado di produrre nuove leve che possano sovvertire le sorti di un paese in declino.

Che fare allora?

Due le alternative fondamentali.

La prima è l’inerzia: lasciare tutto così com’è, sfruttare fino all’ultima risorsa disponibile e spremere quanto più territori, persone e imprese.

La seconda è ripartire dalle basi; costruire un’economia alternativa, più circolare e meno ossessionata dal profitto: un’economia basata sulle competenze, sull’innovazione, sul lavoro sano e sulla biodiversità.

Un’economia paziente che organizzi tutte quelle energie di artigiani, imprenditori, sindaci, cittadini e comunità che oggi sono sprecate e poco organizzate ma che potrebbero costituire l’ossatura di un paese più inclusivo e proiettato al futuro.

“L’eccellenza non basta” è un libro che fa riflettere sul nostro sonnambulismo degli ultimi 30 anni… ma anche un testo che dà una chiave alternativa per poter tornare a competere nonostante un futuro incerto, demograficamente depresso e con poche alternative.

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