Non morire di gerarchia (#28-2023)

Le gerarchie possono uccidere… ma quel che è peggio è che possono paralizzare intere aziende.
 
Non tutte le gerarchie sono così e più che la gerarchia in sé, è l’utilizzo che ne viene fatto che porta quegli effetti collaterali che rendono il beneficio di gran lunga inferiore alle inefficienze che creano.
 
Le nostre organizzazioni sono sempre state gerarchiche perché impostate sulla necessità di mettere ordine in un mondo relativamente stabile che aveva bisognoso di produrre e distribuire quanto più razionalmente possibile quei beni che oggi sono alla portata di tutti.
 
I problemi sono sopraggiunti quando questo modello non è stato più in grado di rispondere alle sfide di mercati volubili e quando le persone che occupavano i piani alti della piramide hanno cominciato a considerarla come uno strumento per difendere i propri confini territoriali e mantenere i propri privilegi.
 
Questo ha creato conflitti interni, scarsa efficienza e strutture pachidermiche in cui si chiede a chi sta in alto di prendere o decisioni su questioni di scarso valore aggiunto, o decisioni di alto valore su cui si hanno poche informazioni (a causa dell’effetto “telefono senza filo” e della paura indotta)…. generando quella frustrazione che spinge i livelli sottostanti a dimissioni, quite quitting o burn out.
 
Un sistema così “organizzato” allontana la meritocrazia, toglie entusiasmo alle persone e rende le cose molto complesse: chi è vicino al cliente si trova impossibilitato a procedere in autonomia e il processo decisionale diventa lento e poco “agile” o razionale.
 
Un’organizzazione così fatta crea silos, sposta l’attenzione dall’interesse alle posizioni (a qualsiasi livello) e inibisce la possibilità di prendere le decisioni migliori.
 
Ultimo ma non per importanza, crea dinamiche che impediscono quella apertura, contaminazione e innovazione che sono necessarie per competere nel mondo di oggi.
 
A partire dalle suggestioni di Frederic Laloux e delle organizzazioni Teal (contenute in“reinventare le organizzazioni dello stesso autore) e di Humanocracy (di Gary Hamel e Michele Zanini), questo libro ripropone una rivisitazione dei concetti alla base delle “organizzazioni orizzontali”: modelli diversi e indubbiamente più contemporanei che sostituiscono il “comando e controllo” a favore di “responsabilità e fiducia”. 
 

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