Scuole senza voti (e aziende senza “metriche”)

Se tuo figlio va bene a scuola ti sarai sentito dire molte volte la frase: “tanto tuo figlio non ha problemi”

Quando si dice che i figli “non hanno problemi” solo perché ricevono buoni voti, accettiamo implicitamente il concetto che voti e metriche possano essere sintomo di un futuro “di successo”.

La formazione è fondamentale ma i voti sono metriche soggettive, spesso confinate a materie specifiche e relative a programmi poco allineati alla realtà (insegnati in ambienti sempre più lontani da un mondo complesso come il nostro).

Anche nelle organizzazioni il talento ormai è subordinato a metriche e “KPI”: i curriculum vengono vagliati da un’intelligenza artificiale ancora lontana dal poter trovare la “risorsa giusta”, e nelle “review di performance” continuiamo a cercare risposte nelle fessure (senza guardare le dimensioni delle porte).

Eppure non sono necessari studi della “Harvard Business Review” per capire che stiamo sfruttando una minima parte delle capacità delle persone perchè continuiamo a giudicarci con le stesse “metriche”, con gli stessi occhi e con le stesse lenti di quando il mondo era più “semplice”.

La complessità non può essere governata con l’eccessiva semplificazione dei voti nè con metriche e KPI applicati universalmente, perchè il rischio è quello di continuare ad alimentare società mediocri fatte di persone con “10 e lode”.

La soluzione è di quelle coraggiose: lasciare che le persone apprendano solo per il piacere di farlo, dando indicazioni e strutturando metri di valutazione meno rigidi e più aperti… come stanno provando a fare “le scuole senza voti” (o le organizzazioni “teal” che puntano più sulla responsabilizzazione individuale che sulle metriche).

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