Si può essere “competitors” senza competizione?

Questa è una classe di otto persone che si è riunita per un “assessment” internazionale e una selezione per quattro posizioni da partner per una importante società di consulenza manageriale.

Siamo 8 candidati preselezionati in Italia e in Europa e abbiamo svolto diverse prove in un ambiente rilassato in cui lo scopo era mettersi alla prova l’un con l’altro.

Nonostante ciascuno di noi avesse tutti gli strumenti per mettere in difficoltà gli altri negli esercizi di gruppo, ci siamo confrontati sulle nostre esperienze, valorizzando quelle degli altri e prendendo spunto da ciò che erano in grado di fare meglio.

Perché?

Quando si raggiungono livelli in cui le “hard skills” si danno per scontate, veniamo valutati per le nostre capacità e non per la quantità di gomitate che diamo agli “avversari”: in queste condizioni la competizione ha una componente importante di cooperazione e la professionalità dei singoli fa un salto di livello.

Si chiama “coopetition” (un mix di competizione e cooperazione): non l’abbiamo inventata noi ed è alla base delle nuove teorie sulle alte performance (è applicata anche dalle aziende più innovative e da quelle che “l’eccellenza” la raggiungono davvero).

Quando condividi le tue risorse e abbassi i gomiti, impari ciò che funziona e ciò che puoi attingere dagli altri.. e alla fine emerge quello che sai fare davvero (e se in alcuni contesti per qualcuno è un “dramma”, per molti costituisce un gran sollievo…).

E se la “coopetition” funziona quando la posta in gioco è alta, questo concetto può essere applicato anche in contesti lavorativi dove ci si gioca molto, ma molto meno..

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