Perchè i manager di alto livello (e non solo), dovrebbero smettere di credere alle favole

Spezziamo subito una lancia: le favole piacciono a tutti

A tutti piace pensare di essere una superdonna o un superuomo e di essere responsabili del destino di un’intera società… ma questo oltre a non essere realistico è anche controproducente.

La visione che ha un* manager di alto livello, è parziale perché in genere si circonda (non per colpa esclusivamente sua), di un pool ridotto di adepti che non gli dicono la verità.

E’ come se chi ha 6000 follower su LinkedIn (tanto per citare un social a caso), credesse di avere la verità in tasca solo perchè riceve molte approvazioni e poche critiche (cosa che succede quando si sviluppa naturalmente una rete attorno ai propri interessi ed alle proprie idee).

Se qualcuno che ha 6000 followers dovesse basarsi solo sulla riprova sociale di quelli che lo circondano (trascurando gli altri 16 milioni di persone), rischierebbe di sbagliarsi di grosso… o di sovrastimare eccessivamente le proprie capacità o il proprio intelletto.

Nel caso degli influencer il “danno” potenziale è relativo… ma è evidente quanto questa “trappola dell’intelligenza” può portare a decisioni potenzialmente catastrofiche nel caso di CEO o manager di alto livello (come già peraltro successo innumerevoli volte nella storia del management e come peraltro continua a succedere ancora oggi).

Le organizzazioni sono piene di persone che per diversi motivi “non dicono la verità” ai propri superiori, lasciandoli “credere nelle favole” e creando collettivamente un gran bel problema (che nel migliore dei casi porta a miopia imprenditoriale e nel peggiore può portare al fallimento).

Mark Costa (Amministratore delegato di Eastman Chemical) una volta disse che “il peggior timore per un CEO è che gli si nasconda la verità”… ed ha assolutamente ragione.

La cosa migliore che un alto dirigente può fare è accogliere i pareri contrari, recepire i punti di vista diversi ed opinioni divergenti rispetto a quello che sa (o crede di sapere).

Le aziende più profittevoli (una su tutte l’hedge fund “Bridgewater Associate” di Ray Dalio), hanno fatto del “dissenso ragionato” la base della propria cultura, evitando scivoloni anche nei periodi più bui (Bridgewater è una delle poche aziende finanziarie che riuscì a migliorare i propri risultati operativi nella grande crisi finanziaria del 2008).

Nelle aziende più competitive la libertà di espressione è un prerequisito e le decisioni vengono prese analizzando a fondo tutti i contributi (che vengono espressi liberamente senza indurre le poche persone che stanno al vertice a “credere nelle favole”).

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