Da dove viene la mancanza di motivazione..

Le origini del “quite quitting” o della “great resignation” sono le stesse sia in un cantiere di un paese in via di sviluppo che in una multinazionale di un paese industrializzato.

Quelli che vedete sono uomini che lavorano in un cantiere e che percepiscono circa 5€ al giorno per dieci ore di presenza.

Gironzolano per la maggior parte del tempo con una produttività minima (“producono” per tre ore al massimo).

Vengono chiamati perché costano poco e perché qualcuno ha la necessità di far vedere che “il cantiere va avanti”.

Chi dovrebbe dargli indicazioni preferisce starsene chiuso in un ufficio con l’aria condizionata, uscendo di tanto in tanto per dare qualche indicazione posticcia.

Questi lavoratori hanno contratti “a chiamata”, non sanno se il giorno dopo lavoreranno e non hanno nessuna visibilità sui risultati finali dei loro contributi.

Le persone che lavorano in queste condizioni si sentono inutili, sfruttate e frustrate… e tendono inevitabilmente a fare il minimo indispensabile.

Anche se le condizioni nella maggior parte delle organizzazioni non sono così “estreme”, la genesi di fenomeni come il “quite quitting” o la “great resignation” ha radici simili ed è riconducibile ai seguenti fattori:

– stipendio non commisurato alla prestazione, alle competenze o alle capacità della persona;

– mancanza di leadership di chi dovrebbe dare uno scopo, una direzione e una visibilità a quello che stai facendo;

– mancanza di sicurezza psicologica;

– mancanza di qualsiasi tipo di riconoscimento non solo della professione ma anche della persona (in due parole: la sensazione di essere un “numero”).

Questi quattro fattori sono alla base del benessere e della produttività in un ambiente di lavoro… e generalmente vengono spesso trascurati sia che si lavori in un cantiere, sia che si lavori per un’azienda di un paese industrializzato.

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