Il lavoro non ti ama (#1-2024)
“Fai ciò che ami e non lavorerai neanche un giorno”.
E’ una delle tante frasi con cui siamo cresciuti e che ci hanno spinto alla ricerca del lavoro dei sogni: quello che fai col sorriso sulle labbra, che sfrutta i tuoi talenti migliori e che ti fa sentire parte di una squadra (o in alcuni casi, a seconda di chi riesce a venderla meglio, come una “famiglia”).
Peccato che in molti casi dietro a questa frase con cui molte generazioni sono cresciute, c’è un’amara verità: “il lavoro non ti ama”.
Non è una questione personale ma qualcosa che è regolato da principi che hanno radici storiche nel secolo scorso e che prendono forma da come è nato il capitalismo e da come si è evoluto nel tempo.
Sui perché le carriere sono dei “cicli” che non dipendono dai talenti e dalle capacità dei singoli non basterebbe un’enciclopedia, ma in sintesi tutto si riconduce alla necessità di far assomigliare le industrie a macchine deterministiche con pezzi sostituibili (anziché a organismi vivi in cui ogni membro o componente è necessario e non sacrificabile).
“Il lavoro non ti ama” è un saggio che spezza l’idillio fra l’ideale della crescita infinita e la realtà di una crisi del lavoro (e di identità) che ha rivelato tutti i limiti delle relazioni di potere fra aziende e dipendenti: relazioni spesso figlie di manipolazioni consapevoli reciprocamente perpetrate.
“La beffa più grande del capitale è stata convincerci che il lavoro sia il nostro più grande amore” scrive l’autrice, “trascurando quanto la devozione al lavoro stesso ci abbia reso esausti, frustrati e soli”.
Un libro non sempre condivisibile nei contenuti ma che sicuramente fa riflettere su dinamiche in cui moltissime persone possono riconoscersi.