Il talento nasce dalla valorizzazione

Ci concentriamo sempre sul talento come se fosse qualcosa di “intrinseco” nella persona, senza considerare il fatto che nella maggior parte dei casi questo si manifesta quando le persone si sentono apprezzate.

Ognuno ha il proprio talento e specifiche capacità: spesso sono nascoste o si rivelano nel fine settimana, molte volte rimangono “sopite” e quasi sempre rimangono inutilizzate perché non ci si prende la briga e il tempo di “conoscerle” e “riconoscerle”.

La fretta di assumere dettata dai cicli di un mercato imprevedibile, spesso spinge le aziende a cercare risorse esterne piuttosto che riconoscere, valorizzare e rendere più produttive quelle che ci sono già.

Ma da un punto di vista meramente economico, invece che concentrarsi unicamente a cercare “nuovi talenti”, è molto meno dispendioso capire come tirarli fuori dalle persone che sono già intorno a noi.

Peraltro, le aziende più profittevoli (ad esclusione delle big tech che operano in un mercato completamente diverso dal nostro), sono quelle che hanno i “turn over” più bassi e che riescono ad “attrarre” ma anche a “trattenere”.

Perchè non si fa?

Perchè c’è una scarsa percezione dei costi sommersi… e perchè il processo di “riconoscimento” di ogni singola risorsa richiede la capacità di mettersi in discussione ed un tempo che spesso si pensa di non avere…

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