Confronto fra generazioni: quando follower e titoli non contano più…


Un po’ di tempo fa avevo raggiunto su LinkedIn circa 10.000 follower: un risultato che orgogliosamente avevo provato a condividere con mio figlio, ricevendo per tutta risposta la seguente sentenza: “Vabbè babbo, Lyon ne ha 5 milioni e Favij quasi 10..”

Lyon e Favij sono solo due degli youtuber che vengono adorati dalla generazione di mio figlio: possono piacervi o no ma sono “personaggi pubblici” con un notevole “appealing” (e altrettanto seguito).

Spesso ci crogioliamo in quelli che pensiamo essere dei buoni “traguardi”, senza fermarci a riflettere sufficientemente sui modelli di riferimento delle generazioni che a breve popoleranno le aziende influenzando pesantemente i nostri contesti.

Ovviamente è una provocazione e qui non è importante tanto il “contenuto” quanto l’urgenza del confronto fra prospettive diverse.

Noi continuiamo a credere che una laurea, i titoli o le targhette che ci sono costati fatica ci salveranno… e che quello che abbiamo imparato sul mondo del lavoro di ieri possa avere una qualche valenza in quello di domani.

Ma per quanto ci dispiaccia, un titolo, qualche decina di migliaia di follower (che volendo puoi anche comprare) o un ruolo da dirigente (magari assegnato per “decreto regio”), non saranno più sufficienti a rendere attrattivo il mondo del lavoro.

Non basterà dare ai giovani uno stipendio fisso o promettere loro una “visibilità” all’interno di un’organizzazione o una “manciata di dediti followers”.

Non varranno più le promesse, i pochi spiccioli per “sangue, sudore e lacrime” e neanche quelle pacche sulle spalle che funzionavano con noi e che ci spingevano a “fare” come se non ci fosse stato un domani.

Adesso la scelta è dire “si stava meglio quando si stava peggio” (come dicevano i nostri genitori quando i giovani eravamo noi), oppure cercare di comprendere come “lavorare insieme” seguendo logiche che non capiamo (peraltro frutto degli effetti collaterali della società che noi gli abbiamo costruito).

E’ uno dei più grandi dilemmi per le organizzazioni di oggi che vogliono sopravvivere anche domani, ma è anche un’opportunità e uno stimolo per cercare un dialogo con chi dovrà costruire un futuro che noi non siamo neanche in grado di immaginare.

In NeNet facciamo laboratori di “re-shuffling” fra generazioni e giornate in cui mettiamo sul tavolo prospettive diverse per co-progettare quello che ancora non esiste: esperimenti di “contaminazione” generazionale su cui ha scritto un bellissimo testo anche Giulio Xhaet (“contaminati” edito da Hoepli Editore).

PS: in foto uno dei pochi luoghi di “incontro” fra generazioni diverse e la lezione che per andare avanti a volte bisogna provare a tornare un po’ indietro… con umiltà, curiosità e voglia di “rimettersi in gioco”.

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