Undici Anelli (#45/2023)
“Non puoi infrangere le regole finchè non avrai imparato a giocare”.
Nel corso di una leggendaria carriera, Phil Jackson ha vinto più campionati di qualsiasi altro allenatore.
Ma soprattutto ha ispirato e guidato i suoi giocatori, sfidando la loro parte migliore e mitigando l’effetto di quell’ego e quell’avidità che sono tipici degli ambienti competitivi e degli sport in cui girano milioni di euro.
Gestire un gruppo poliedrico di professionisti di altissimo livello non è facile perché se da una parte avere talenti in squadra dà le potenzialità per vincere tutto, dall’altra le sfide che si presentano nella gestione dello spogliatoio sono estremamente difficili.
Le caratteristiche per essere un buon coach sportivo sono le stesse di quelle che sono necessarie per fare l’executive coach o il manager a livelli apicali: un mix di creatività e ingegno, di competenze e di umanità: qualcosa che travalica sia le singole competenze che le capacità di essere ottimi comunicatori.
E’ necessario avere un carattere deciso e la capacità di mitigarlo, serve tutto il “set di competenze” costruite in anni di “spinte” ma anche l’intelligenza di metterle al servizio degli altri, ci vuole coraggio ma anche estrema umiltà, rigore e disciplina ma anche flessibilità e ascolto.
Il complicato mix di tutte queste caratteristiche apparentemente contrastanti, è quello che porta le performance su un altro livello (quello che, nel caso di Phil Jackson, ha portato agli “11 anelli” che corrispondono alle vittorie nei campionati NBA ottenuti con i Chicago Bulls e i Lakers).
Nella sua ricerca per reinventare se stesso, tra psicologia umanistica, filosofia, spiritualità e una grandissima competenza su come funziona il gioco del basket, Jackson ha sviluppato un approccio alla leadership basato sulla libertà di azione, sull’autenticità e sul lavoro di squadra: qualcosa che ha trasformato il mondo ipercompetitivo degli sport professionistici.
…11 anelli e tante lezioni da mutuare in qualsiasi “campo” (non solo quello da basket).