Cosa dovrebbero imparare le aziende dalla “comunità scientifica”..

Questo è un gruppo di scienziati che lavorano alla più grande sorgente di neutroni al mondo: in Europa sono fra le menti più brillanti della fisica e insieme gestiscono un progetto da 3 miliardi di euro.

Vengono da tutto il continente e si conoscono da anni perché il settore in cui lavorano è molto specifico e le skills (“super-verticali”) sono sempre le stesse.

Collaborano e si interfacciano positivamente: alcuni sono amici, altri erano compagni di dottorato e hanno fatto un lungo pezzo di strada insieme continuando a scambiarsi feedback su come gestire prima i “neutroni” e poi i “figli”.

Provengono da nazioni diverse, lavorano in ambito internazionale e hanno mantenuto una “connessione” che negli anni li ha portati ad essere più aperti, più comprensivi e
maggiormente efficienti nel lavoro di squadra.

Non sono una famiglia ma sono una “comunità” (non a caso si parla di “comunità
scientifica”): persone con la propria professionalità e la propria vita privata che hanno imparato a conoscersi nei punti di forza e a rispettarsi nei propri limiti.

Hanno fiducia l’uno nell’altro perché hanno avuto tempo e modo di prendersi le misure nel tempo ma soprattutto condividono la stessa passione e l’obiettivo di creare un impatto nel mondo attraverso i loro studi.

Laddove in azienda spesso si fa fatica ad amalgamare team e a mixare elementi diversi, loro hanno sviluppato la propria ricetta (che ha due ingredienti fondamentali: fiducia e scopo).

Supportare questi team per la realizzazione di un grande progetto scientifico è per me
relativamente semplice.. perché una comunità ha in sé tutto quello di cui c’è bisogno per lavorare al massimo dell’efficienza.

Per questo motivo dovremmo costruire gruppi all’interno delle aziende con le stesse caratteristiche delle “comunità scientifiche” che si occupano dell’evoluzione ingegneristica della nostra specie..

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