I giovani non hanno voglia..”

Credo di aver sentito questa baggianata talmente tante di quelle volte che non so più contarle (l’ho sentita quando il giovane ero io e continuo a sentirla ora che giovane non sono più da un po’).

Quello nella foto è mio figlio Lorenzo: spesso ha un telefono in mano, non va in chiesa, non è particolarmente appassionato di affreschi e non mostra troppo interesse verso ciò che non sta all’interno di uno schermo di qualche pollice..

L’altra è Giuliana, la guida di una chiesetta di 70 metri quadrati posta su un cucuzzolo dell’isola maggiore nel mezzo del lago Trasimeno.

Giuliana non marca il cartellino, è pagata poco, non ha un contratto fisso e tutti i giorni parte da Perugia per farsi un’ora di macchina e di battello per arrivare in un posto in cui deve spiegare le stesse cose.. non proprio quella che si definirebbe a prima vista una professione “appagante”.

Nonostante questo, Giuliana è riuscita a catalizzare per quasi un’ora l’attenzione di Lorenzo, facendogli dimenticare il telefono, avvicinandolo a storia e affreschi e spingendolo volontariamente a chiedermi di darle un contributo per il restauro della chiesa.

Nei primi minuti Giuliana ha cercato di capire cosa potesse interessare a Lorenzo, ha ascoltato e interagito con lui, mettendosi al suo livello e cominciando in punta di piedi a fare leva sulle sue conoscenze e sulla sua curiosità.

Ha fatto domande per capirne il punto di vista, ha assecondato la naturale inerzia dei ragazzi ad uscire dal proprio mondo per poi farlo entrare in un “flusso” di concentrazione.

Questo singolare episodio nasconde una verità che non ci piace ma di cui dobbiamo prendere consapevolezza: i giovani “non hanno voglia” perché noi non sappiamo costruirgli un mondo più interessante del loro..

Non sappiamo creargli alternative, ispirarli, ascoltarli, partire dalle loro esperienze e trasferirgli la nostra conoscenza senza pretendere di trascinarli in un universo (il nostro) per loro apparentemente molto poco interessante.

I giovani devono assumersi la responsabilità di “non averne voglia”, ma noi dovremmo aumentare le nostre capacità di creare delle alternative e un contesto che li avvicini al mondo del lavoro (possibilmente dando spazio alle loro idee e co-progettando l’esperienza in un modo più funzionale a creare “valore”).

E invece di constatare che ci sono alcuni soggetti a nostro avviso irrecuperabili, sarebbe intelligente cominciare a lavorare su quei fattori che fanno la differenza fra “quelli che hanno voglia” e quelli che non ce l’hanno…

Magari scopriremo che quelli che hanno qualcosa da imparare e che “non hanno voglia” non sono loro…. così come non lo sono i dipendenti di aziende a cui mancano leader capaci di “ispirare”, “coinvolgere” e avere “visione”..

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