Ognuno al suo posto (di lavoro): origini e vie di uscita per la “great resignation”

“Se sei la persona più intelligente della stanza.. allora hai sbagliato stanza…”

Così Marissa Mayer, parafrasò un concetto che sottolineava l’importanza di scegliere l’azienda o il ruolo giusto per non trovarsi in situazioni di stallo, di frustrazione e di “sotto performance”.
(Marissa è stata amministratrice delegata di Yahoo dal 2012 al 2017 ed una dei primi venti impiegati di Google).

Steve Jobs espresse lo stesso concetto dal punto di vista delle aziende, dicendo “non assumiamo le persone per dirgli cosa fare ma assumiamo le persone affinché siano loro a dirci cosa dobbiamo fare” (sottolineando implicitamente l’importanza di assumere le persone in base ai loro punti di forza).

Dipendenti ed aziende fanno spesso errori dovuti alla scarsa “calibrazione” (i primi scelgono le stanze sbagliate mentre le seconde scelgono i “coinquilini” sbagliati).

I dipendenti cercano di incastrare le proprie esperienze e le proprie caratteristiche in job titles che non gli appartengono, rinchiudendosi spesso in scatole troppo piccole e rinunciando all’esplorazione delle proprie reali “capacità” almeno fino al momento di quel “burn out” che poi le spinge a dimettersi…

Viceversa le aziende si “autolimitano”, assumendo in base alle esigenze del momento e cercando persone che facciano quello che gli viene detto di fare (facendo supposizioni sulle competenze che i candidati dovrebbero teoricamente aver acquisito in base alle esperienze che raccontano..).

Qualunque persona dovrebbe presentarsi ad un colloquio, non solo descrivendo le proprie esperienza ma anche esplicitando i propri punti di forza e di debolezza (a costo di rischiare di perdere un’opportunità che può gratificarli solo nel breve termine).

Contemporaneamente le aziende dovrebbero andare oltre i “job titles” scritti per coprire l’esigenza del momento e cercare di comprendere a fondo le caratteristiche dei candidati con una prospettiva di lungo termine…

Alternativamente dipendenti ed aziende dovranno accontentarsi: gli uni di un “posto fisso” in cui vivere costantemente frustrati… e le altre di ritrovarsi dopo pochi anni con delle persone che rendono meno del 50% di quello che potrebbero rendere.

La “great resignation” è un fenomeno che si può prevenire… e che dipende sì dalle aziende, ma anche dalle scelte che facciamo quando scegliamo per chi lavorare…

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