Perchè la paura non è (più) una buona forma di motivazione..

C’è stato un tempo in cui per andare da A a C dovevi passare da B e farlo nel modo più veloce possibile: era un tempo, in cui la produzione era legata alle ore di lavoro per cui “più lavoravi e più producevi”.

In questi contesti (dal lavoro dei campi fino a tutto il XX secolo), nel lavoro veniva premiata la velocità individuale e l’accuratezza nello svolgimento di compiti ripetitivi… e si pensava che la paura fosse una buona leva per “spronare” le persone a fare di più (così come quando i contadini bastonavano gli asini per farli andare più veloci).

Poi è arrivato il “knowledge work”, che ha delegato progressivamente i lavori schematici e ripetitivi alle macchine e dato più spazio al contributo intellettuale.

Sebbene ci sia un gruppo significativo di persone che pensa ancora che per andare da A a C si debba passare da B anche nel lavoro “intellettuale” (che invece richiede flessibilità, creatività, ingegno e capacità di uscire dagli schemi), è evidente come la paura non possa essere più una leva “motivazionale”.

Le persone del “knowledge work” che sono “impaurite”, non solo lavorano di meno ma lavorano anche meno “efficacemente”.

I neuroscienziati hanno scoperto che la paura attiva il funzionamento dell’amigdala, la parte del cervello che si occupa delle “minacce”… consumando risorse fisiologiche e togliendole inevitabilmente alla “produttività”: la paura inibisce i meccanismi di apprendimento, sterza le energie intellettuali verso una protezione che non crea valore e sottrae preziose risorse alle parti del cervello che invece si occupano dell’elaborazione di nuove informazioni, danneggiando il pensiero analitico, la produttività e la capacità di risolvere problemi.

Non serve la neuroscienza per capire quello che oggi ci sembra assolutamente logico e ragionevole: ovvero che la paura influisce in modo sostanziale sulla propensione delle persone all’apprendimento, alla condivisione delle informazioni, alla sperimentazione ed a tutto ciò che potrebbe portare innovazione, competitività e benessere.

La paura inibisce le prestazioni e non le aumenta… con buona pace di chi si ostina a tenere comportamenti direttivi ed a fare leva sulla parte più preistorica del nostro cervello.

Anche se ogni tanto qualche dubbio viene… non siamo più “asini” già da molto tempo..

ref. 47/55/2021

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