Dal campo dell”abbiamo sempre fatto così” al campo della logica…


Chi non ha mai ricevuto una richiesta fastidiosa da un collega?

Chi lavora in contesti complessi ha a che fare con centinaia di persone e funzioni diverse.

Il proliferare di stakeholders, specialmente in ambienti strutturati in cui c’è molto “controllo”, favorisce la moltiplicazione di funzioni ed aumenta la probabilità di ridondanze di richieste, mancanza di informazioni e difficoltà nella comunicazione.

In contesti simili è facile ricevere richieste assurde da colleghi più disparati: richieste spesso completamente illogiche, ridondanti e frutto della scarsa competenza o del poco impegno…

Molte sono richieste alle quali è difficile sottrarsi per paura del giudizio, di “escalation” o di ritorsioni da parte dei superiori.

Come fare per provare a restituire al mittente richieste irragionevoli e senza valore aggiunto, mantenendo la pace sociale e risparmiando tempo?

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Passare dal campo della “abitudine” ad una “logica incontrovertibile”…

Quando la richiesta di un collega è assurda ed inutile o sottende un lavoro che lui/lei avrebbe dovuto fare (ma che non ha fatto), un metodo utile per eliminarla è mettersi nella condizione di farsi spiegare il “perché dovreste rispondergli” (applicando un concetto simile alla nota “inversione dell’onere della prova”)

Spesso partiamo dal presupposto di “dover rispondere a qualsiasi richiesta” perché sta male non farlo (o perché temiamo ritorsioni da parte di responsabili “irresponsabili”): in realtà se qualcuno ti chiede qualcosa, quel qualcuno ti sta sottraendo tempo e dovrebbe prima convincerti con la logica che la richiesta è ben posta.

Più che partire dal presupposto di dover rispondere, è necessario invertire il paradigma e chiedersi: perchè dovrei rispondere?

Qualsiasi risposta ad una domanda richiede del tempo e questo tempo viene sottratto non solo alle priorità di chi deve rispondere ma anche all’azienda per cui lavoriamo (e si sa che in gergo aziendale “il tempo è denaro”); motivo per cui richieste ridondanti, frutto del pressappochismo, della poca competenza, del poco impegno e della mancanza di una corretta comunicazione interna andrebbero sempre spedite al mittente.

Fin qui tutto chiaro ma come si fa a respingere una richiesta elegantemente senza impattare sulla relazione?

Una soluzione può essere quella di chiedere al proprio interlocutore di motivare dettagliatamente la genesi della richiesta, specificando se non ci fossero strade alternative per arrivarci (cosa che in genere è possibile visto che i processi aziendali spesso funzionano).

In genere questo è sufficiente per far “ragionare” l’interlocutore (abituato ad inserire il “pilota automatico” ed fare domande senza farsele) e per rifare un check sul processo logico che avrebbe dovuto seguire prima di sottrarre il vostro tempo.

Quando la risposta non è soddisfacente generalmente conviene insistere… fino a che la controparte non è costretta ad ammettere che la domanda era inutile, mal posta o ridondante (e che avrebbe potuto arrivare alla risposta con qualche sforzo in più).

Hai provato a chiedere a Tizio? Sei sicuro che non sia scritto in quel file? hai verificato che l’informazione non fosse disponibile presso l’ufficio tal dei tali?

Molte volte si risolve così ma nel caso si trovi qualche “caso ostico”, generalmente la cosa può salire di livello: a quel punto la strategia rimane la stessa e le domande passano al livello gerarchico superiore.

Quando si passa dal campo della “consuetudine” al campo della “logica”, è difficile che qualcuno possa trovare argomentazioni adatte a convincere che una cosa inutile diventi improvvisamente utile (se è intrinsecamente inutile, lo è a prescindere dal livello gerarchico dell’interlocutore).

In genere bastano uno o due passaggi per trovare qualcuno che “capisce” e che risolve il problema alla fonte… evitando che richieste inutili si ripetano e vadano ad assorbire risorse aziendali.

Quando ci si sposta dal piano dell’abitudine a quello della logica si rendono le cose più semplici… e spesso si ha come risultato il miglioramento dei processi interni di comunicazione.

Spesso le persone che domandano “non si domandano perché domandano”… e spesso quelli che ricevono “laqualunque richiesta” tendono a rispondere perché così rimandano un problema di comunicazione che va affrontato… rimanendo però inchiodati a logiche inefficienti, cominciando ad odiare i colleghi fastidiosi ed alimentando processi inutili.

Spostarsi nel campo della “logica” a volte è noioso, fare domande è faticoso e talvolta imbarazzante ma sul lungo termine è un vantaggio per tutti: oltre a far emergere processi che non funzionano, si allenano i “leader a fare i leader”… ed i colleghi fastidiosi a capire che se vogliono accrescere la loro leadership, devono farlo utilizzando la logica (unica leva potente per far fare agli altri “quello che deve essere fatto” indipendentemente dai ruoli)

Scendere nel campo della logica in un mondo in cui la logica spesso si perde nei meandri delle inefficienze e del “abbiamo sempre fatto così” non è sempre facile perché richiede un mix di coraggio, esperienza e determinazione… ma il campo della logica è poco battuto e quando si sfida qualcuno in quel campo (senza l’obiettivo di batterlo ma con l’intento di cercare “soluzioni migliori”), nascono sempre ottime cose.

Il modello “devi farlo perché devi farlo” non funziona più… ed oltre ad essere obsoleto crea un sacco di inefficienze che nessuna azienda può più permettersi.

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