Perché i CEO dovrebbero essere come il mio amico Giacomo (che fa l’elettricista)

Il mese scorso Giacomo ha rotto il suo trattorino tagliaerba..

L’ho scoperto per caso ed appena l’ho saputo gli ho prestato il mio senza pensarci su.

Usandolo, ha rotto la cinghia ed entrambi siamo rimasti senza un ausilio meccanico piuttosto utile…

Abbiamo risolto il problema velocemente: io ho fatto arrivare una cinghia fuori produzione in due giorni, lui ha procurato gli attrezzi ed insieme l’abbiamo montata, rimettendo in sesto il trattorino, tagliando l’erba, e condividendo un momento insieme.

Non presto volentieri attrezzi agli altri non perché siano costosi o abbia paura di rotture/danneggiamenti ma per un motivo molto semplice: difficilmente trovo qualcuno disposto a fare lo stesso con me (il che non rende di me necessariamente un egoista, ma neanche un esempio virtuoso).

La logica dell’individualismo imperversa sia dentro che fuori dalle aziende: tutti ne siamo influenzati e prima di arrivare nei consigli di amministrazione, parte dalle competizioni sportive, dalle scuole e dalle famiglie (prima mangi tu poi, se proprio ti avanza qualcosa, lo dai a quello che poi chiami un tuo “amico”).

Giacomo è diverso: non si cura degli schemi e delle convenzioni, è allergico al “do ut des” e pratica la condivisione ed il libero scambio.

Se lo chiami per un qualsiasi problema, accorre in tuo aiuto senza aspettativa alcuna (l’anno prima aveva speso due fine settimana a montare una casetta in legno nel mio giardino.. al prezzo di una bevuta).

Se Giacomo fosse il mio CEO, non solo gli presterei il trattorino (senza pretendere salti di carriera), ma sarei disposto a lavorare per lui indipendentemente dalla fatica, dallo stipendio o da altri tipi di gratificazione.

Grazie a Giacomo sono riuscito a fare cose che non sarei riuscito a fare da solo e che sicuramente non ho visto fare a vicini dotati di attrezzature migliori ma senza nessuno disposto ad aiutarli.

Giacomo non ha tutte le competenze per fare il CEO… ma se tutti i CEO fossero come Giacomo… allora andremmo avanti con un altro passo: le aziende avrebbero un “mindset” differente, produrrebbero molto di più e lavorarci sarebbe molto più divertente e “significativo”.

Non è solo una questione di “amicizia” incondizionata o di spirito comunitario… è soprattutto una questione di “logica” operativa: comportamenti più virtuosi portano ambienti più efficaci (con buona pace dei “vicini” che stanno a guardare).

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