Dalla leadership servile alla servant leaderhip (la leadership che “serve”): quando sì e quando no…

Come deve cambiare lo stile di leadership quando il mercato cambia? Come sono legati al contesto i diversi stili di leadership?

Ci troviamo spesso a criticare modelli di leadership troppo direttivi, ma ci fermiamo poco a riflettere su una cosa fondamentale: il contesto.

E’ un dato incontrovertibile che certi stili stanno diventando globalmente sempre più obsoleti via via che la società progredisce.

Nonostante questo, non c’è uno stile completamente “giusto” ed uno completamente “sbagliato” perchè molto dipende dall’ambiente, a sua volta definito da:

–         La tipologia di azienda in cui si lavora (cosa fa e da come lo fa)

–         La “storia” dell’organizzazione (come è stata guidata e da chi)

–         Il momento storico che si sta attraversando (mercato in crescita o in depressione)

–         L’ approccio al cambiamento (come ci si comporta quando cambiano le regole del businness)

La combinazione di questi semplici fattori dà una molteplicità di risultati che rende un po’ più “deterministico” valutare se e quando un certo stile di leadership è adeguato o meno.

Un’analisi del contesto, riesce a far capire se è il management ad essere inadeguato o se invece siamo noi a trovarci nel posto sbagliato (e/o al momento sbagliato..)

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Nonostante un modello di condivisione, di scambio biunivoco e di confronto sia generalmente più auspicabile di un modello unidirezionale di leadership, lo stile più appropriato dipende molto dall’ambiente in cui si opera.

Per capire se uno stile di leadership è più o meno adeguato ecco quattro fattori da considerare per valutare il contesto:

1)     il tipo di azienda (cosa fa e come lo fa)

L’organizzazione a cui si appartiene fa qualcosa di creativo/fuori dagli standard o qualcosa di riproducibile? Eroga servizi di intrattenimento/emozionali o lavora in ambiti in cui c’è in ballo la sicurezza o la vita delle persone? Ci sono modi alternativi di fare quello che si fa o siamo già “a tappo” con l’ottimizzazione? Che contenuto di innovazione si può portare ai processi?

Aziende in cui c’è necessità di un controllo stringente (perchè magari lavorano in mercati dove c’è in ballo la sicurezza delle persone o dove un mancato controllo può causare danni enormi), hanno bisogno di una leadership più “servile” perchè questo assicura una maggiore affidabilità.

Quando si ha bisogno di controllo estremo su procedure immutabili (discostandosi dalle quali c’è un rischio oggettivo), è preferibile un modello maggiormente autoritario con una gerarchia più marcata ed un maggiore “spirito di servizio” nei confronti dei propri manager diretti.

Stessa cosa per aziende che fanno un prodotto standard facilmente riproducibile: se il lavoro è assimilabile a quello di una macchina (e la persona non può “fare la differenza”), uno stile più direttivo è preferibile.

Viceversa, in contesti creativi il modello servile non funziona perchè il motore non è nella “testa” ma distribuito lungo tutta l’organizzazione che deve essere quindi ispirata, “viva” e pronta a servire ed essere “servita” per ottenere il massimo: in questo caso è preferibile una “servant leaderhip” capace di trascinare, capire e motivare i propri impiegati per stimolarli a ragionare in modo diverso.

In generale si può estendere il concetto dicendo che ovunque ci sia un prodotto in cui il contributo della singola persona può fare la differenza (anche in termini di miglioramento dei prodotti/processi), uno stile di leadership maggiormente partecipativa è decisamente migliore.

2)     La storia dell’azienda e la sua composizione (come è stata guidata e da chi)

Indipendentemente dal fatto che un’organizzazione abbia più o meno bisogno di un rinnovamento, se un ambiente è inchiodato ad una logica, uno stile che va in una direzione diversa ha conseguenze negative.

“Roma non è stata fatta in un giorno” ed avere uno stile che non ricalca almeno inizialmente quello dell’ambiente in cui ci si trova può avere effetti disastrosi sia per la persona che per tutto l’ambiente.

Ogni azienda ha la sua storia, la sua mission ed i suoi valori: non considerarne le origini è come voler cambiare improvvisamente un’organismo modellato da migliaia di anni di biologia… ed anche se il contesto varia velocemente ed i cambiamenti sono necessari, farli troppo repentinamente può portare a morte prematura (o dell’organismo stesso o, più probabilmente, dell’agente di cambiamento).

3)     Il momento storico (mercato in crescita o in depressione)

Un altro fattore determinante è il momento storico in cui l’organizzazione per cui lavoriamo si trova ad operare.

Il fatto che ci sia un mercato in crescita o un mercato in forte depressione fa un’enorme differenza sullo stile di leadership da adottare (anche a parità di tutti gli altri fattori).

In un mercato in forte calo dominano le logiche di restrizione, tagli e licenziamenti: non c’è spazio per la creatività o per la lungimiranza ed un maggior controllo assicura risultati migliori. 

Un controllo direttivo in questo caso è molto più adeguato di un approccio teso al “different thinking” (che viceversa è spesso preferibile quando il mercato è in forte crescita).

In contesti di mercato “al ribasso” non ci sono margini per la ricerca e lo sviluppo: non si pensa ad innovare ma semplicemente a mantenere lo status quo, minimizzando i danni e cercando di sopravvivere quanto più a lungo possibile.

4)     L’approccio al cambiamento

Non si inventa (quasi) niente: la maggior parte delle aziende opera in mercati pre-esistenti.

Molte hanno conosciuto tempi di gloria, magari dominando da monopolisti mercati interi.

Quando il vento cambia però bisogna re-inventarsi completamente per non finire come Kodak (che da monopolista della fotografia in pellicola venne spazzata via per la sua incapacità di capire le potenzialità di quella digitale) o Blockbuster (che da regina dell’home entertainment rifiutò di acquisire Netflix nel 2000, perdendo fette di mercato fino alla bancarotta avvenuta qualche anno dopo).

In un mercato in continua evoluzione, l’approccio al cambiamento è fondamentale: esso può essere sia propositivo che conservativo.

L’approccio che un’azienda ha al cambiamento, definisce quale tipo di leadership è più adatta in quel preciso momento… definisce l’ambiente ed il contesto (e con esso la direzione che l’azienda stessa vuole intraprendere).

Osservare quello che è l’approccio (lo stile vigente, i piani di investimento, la visione della prima linea), può dire chiaramente verso quale tipo di direzione l’organizzazione sta andando (prevedendone anche i risultati a medio termine..).

IN CONCLUSIONE:

Indipendentemente dal fatto che si sia impiegati o aspiranti leader a capo di organizzazione, prima di mettere piede in un’azienda, bisognerebbe sempre “fare un check” affinchè tutti i parametri che ne definiscono il contesto siano più o meno in linea con le proprie caratteristiche.

Tutto parte da un analisi che bisognerebbe essere in grado di fare ancor prima di firmare la lettera di assunzione… perchè se è vero che spesso l’obiettivo nell’immediato è semplicemente “essere assunti”, sul lungo termine aver fatto o meno un certo tipo di valutazione può fare tutta la differenza del mondo sulla qualità della nostra vita professionale.

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