Quanto costa la “disponibilità”

Per apparire efficienti cerchiamo generalmente di mostrarci sempre disponibili a chiunque.

Prendiamo il cellulare in mano ogni volta che suona, rispondiamo alle mail in tempo reale e soprattutto ci facciamo interrompere da qualsiasi persona piombi in ufficio (o mandi un messaggio in chat).

Il problema è che così facendo la nostra concentrazione cala, aumentano le distrazioni e non riusciamo a completare le nostre attività nel minor tempo possibile.

Difendere i propri spazi dall’aggressione più o meno volontaria degli altri è un nostro compito, sia che siamo a casa sia che siamo in ufficio.

E’ qualcosa di controintuitivo perchè può dare la percezione di apparire indisponibili quando in realtà “l’indisponibilità temporanea” ci fa lavorare meglio, raggiungere più obiettivi e ricavare maggiori spazi per gli altri (dopo aver completato le nostre priorità nel minor tempo possibile).

Ma se la preoccupazione del giudizio degli altri supera la possibilità di raggiungere risultati oggettivi allora è il caso di farsi qualche domanda..

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Vale più il tuo tempo o il giudizio degli altri?

La domanda (provocatoria) è nata da una disquisizione su “come non lasciare a metà le cose sul lavoro”.

Per non lasciare le cose a mezzo a fine giornata, non ci sono grosse cose da inventare se non farne una alla volta, rinunciare al multitasking e seguire le proprie priorità ed il modus operandi che sappiamo renderci più efficienti.

In due parole: assecondare il nostro approccio (se già ottimizzato in base a quello che dobbiamo fare ed alle nostre caratteristiche).

Per farlo dobbiamo avere ovviamente chiare quelle che sono le nostre priorità, e “smarcare le attività” impedendo intrusioni di qualsiasi tipo (dal cellulare, alle mail, fino all’ingresso in ufficio o in chat di altre persone).

Mentre però possiamo decidere facilmente di ignorare il cellulare e di leggere la posta in momenti dedicati (max due volte al giorno anzichè continuamente)… ciò che è un po’ più difficile è contingentare le altre persone ed evitare che interrompano il nostro “stato di flow”..

Il problema alla base è che spesso “non essere reperibili immediatamente” ci fa sentire poco efficienti perchè colleghiamo l’efficienza alla disponibilità (ed alla nostra prontezza a rispondere a qualsivoglia richiesta indipendentemente dalla sua origine e natura).

E’ come se mettessimo tutto in un calderone… cose importanti e non importanti… dalla chiamata del capo, alla chat del collega, alla richiesta di un familiare che ti interrompe via telefono o in presenza (in caso di smartworking)..

Ma questa non è efficienza: questo è assecondare gli altri per evitarne il giudizio pensando di ricevere la “palma” della disponibilità..

Peccato che i risultati non si raggiungono così.

Così si può ottenere eventualmente l’accondiscendenza di un capo…al prezzo che poi dobbiamo trattenerci molto dopo l’orario di lavoro per recuperare le conseguenze di tutte le distrazioni che ci siamo fatti imporre…

I risultati (quelli veri), si ottengono facendo una cosa alla volta, partendo dalla più importante a scendere verso quello che “può essere posticipato”.

E per far questo bisogna rendersi irreperibili temporaneamente… almeno fino al completo espletamento della singola attività.

Se ci sono chiamate a cui “non si può non rispondere” (ma dovrebbero essere veramente limitate), bisognerebbe spiegare che in quel momento si è occupati e che ci preoccuperemo della richiesta non appena possibile.

Bisogna saper dire di no e confinare il proprio spazio (sia fisico che temporale) facendo solo sporadiche eccezioni (per esempio quando un collega è in difficoltà ed ha bisogno immediatamente per un tempo limitato: in tal caso non si parla di tempo sprecato ma di un investimento sulle persone che, alla prima occasione, generalmente rendono il favore decuplicato).

Qualcuno potrebbe malgiudicarvi ma se il risultato a fine giornata è non riuscire a completare tutto, vale la pena farsi tirare per la giacchetta dagli altri?

Quanto pesa un giudizio soggettivo se la controparte a rendersi sempre disponibili è non riuscire a finire il lavoro in tempo o dover allungare la giornata rinunciando ai propri spazi?

Tra parentesi chi dovrebbe giudicarvi, dovrebbe farlo in base a dei dati oggettivi, frutto di quante cose riuscite a fare (o meglio a “finire”) nell’arco di una giornata..

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