La trasparenza ci rende umani

Con la pandemia ci siamo persi il contatto umano, i caffè in ufficio ed i rapporti con le persone.

Abbiamo cominciato a vedere il mondo da un’altra prospettiva: togliendoci il dress code e dando forma alla sostanza (togliendo le forma-lità).

Per far questo abbiamo tolto le nostre maschere per sostituirle con delle mascherine.

Mascherine che per ironia della sorte possiamo togliere quando siamo davanti ad uno schermo ma che invece dobbiamo indossare quando potremmo godere del contatto visivo diretto (quasi a rimarcare che come sempre “non si può avere tutto” e che bisogna prendere ciò che di positivo c’è da ogni situazione).

Ma le mascherine come le maschere peccano di mancata trasparenza: coprono buona parte del viso togliendoci il bello della comunicazione non verbale, nacondendo i 12 muscoli che utilizziamo per sorridere e rendendoci uguali a quei BOT inanimati con cui bene o male dovremmo avere sempre più a che fare.

Ed allora possiamo restituire trasparenza a ciò che trasparente non è: facendo uscire ancora una volta quella caratteristica che ci rende umani, che ci fa apprezzare dagli altri per come siamo e che ci differenzia dai BOT.

La trasparenza per farci “leggere” da chi soffre di ipoacusia ed è costretto a leggere il labiale, per far vedere che sorridiamo anche in tempi difficili o che non abbiamo perso ciò che rende di noi quel “capitale umano” di inestimabile valore che le aziende sempre più evolute ricercano voracemente.

La trasparenza è ciò che ci rende umani, naturalmente innovativi, accessibili a tutti indipendentemente dal livello gerarchico o dalle caratteristiche di chi ci sta di fronte… è quello che ci rende singolari ed unici e quello che permette agli altri (che siano partner od aziende) di sceglierci per quello che possiamo realmente dare.

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