Leader dal 1860…

….hanno sempre un certo fascino le aziende che possono vantare una longevità nel tempo..

Immaginate se nella foto invece di 1860 ci fosse stato scritto 2000.. avrebbe avuto lo stesso appeal? Lo slogan sarebbe stato in grado di richiamare le stesse sensazioni in termini di qualità del prodotto e di solidità di chi lo produce?!?

Ovviamente no… ma quante aziende oggi possono vantare una simile longevità?

Secondo uno studio di McKensey, la vita di un’azienda si è abbassata di circa 40 anni in meno di un secolo: un effetto che è andato più o meno di pari passo con la globalizzazione, la diminuzione della vita utile dei prodotti e con l’avvento dei mercati azionari che hanno radicalmente cambiato il concetto di fare businness e le scelte che riguardano il management..

C’è una correlazione?

È vero che il mercato degli anni ‘50 era diverso e molto più rallentato.. l’ import/export era ridotto ed il marketing ben lontano da spingere al ricambio di prodotti nati l’altro ieri.

E’ però altrettanto vero che la globalizzazione ed un’esplosione delle aziende quotate in borsa ha portato inevitabilmente ad uno sconvolgimento del modo in cui le aziende fanno businness.

Cosa è successo?

Nel dopoguerra, venendo da un periodo di completa povertà, nonostante boom economico, il mindset comune era quello di costruire qualcosa che durasse nel tempo.

Anche quando le cose sono cominciate a peggiorare con le prime crisi, le aziende hanno continuato a produrre secondo l’ottica virtuosa che i prodotti dovessero avere vita lunga.

Poi sono iniziati i primi grossi cambiamenti nei sistemi economici..

l’estensione al mercato globale ha portato sul mercato nuovi soggetti in grado di produrre ad un costo minore. Contemporaneamente il consumismo occidentale ha creato una domanda continua… l’America e l’Europa hanno incrementato la propria “fame di acquisti compulsivi” ed i paesi asiatici hanno fornito carburante per la produzione massiva a basso costo di beni di ogni tipo.

Spinti dal marketing e dalla necessità di dare un’accelerazione al volano dell’economia, siamo passati dalla logica della “durata” a quella del “ricambio veloce”, con una ciclo di rinnovamento dei prodotti sempre più rapido.

Ma tutto questo cosa c’entra con la gestione delle aziende e con chi le guida?!?

Marketing e profitto: la nuova logica sembra essere perfettamente in linea con l’aumento delle aziende quotate in borsa, che rincorrono crescite vertiginose per alimentare l’entusiasmo (e le tasche) degli azionisti.

Un volano economico che gira sempre più veloce, crea profitti maggiori e chi è a capo di un’azienda ha tutto l’interesse ad alimentarlo, scegliendo amministratori delegati che siano in grado di realizzare incrementi dei valori delle azioni nel breve termine.

Si pensa al breve.. per quanto ben pagati anche questi CEO sanno di avere una scadenza: in un paio di anni applicano politiche tese a gonfiare il valore dell’azienda che guidano, il che è relativamente facile operando taglio dei costi, licenziamenti o scambiando asset con cessioni od acquisizioni (ben sapendo che il 70% di queste operazioni fallisce nel medio termine).

Manager pagati con bonus sull’aumento del valore delle azioni non possono che essere spinti a generare un valore fittizio, depauperando le azienda delle sue risorse migliori (persone, assets, reparti di ricerca e sviluppo, investimenti a lungo termine e via dicendo).

Alla lunga nessuna azienda gestita in questo modo può durare… motivo per cui difficilmente troviamo aziende che operano “dal 1860”…

La cura è ripensare l’intera economia in ottica circolare, dimenticandosi degli azionisti fanatici di “capital Gain” e concentrandosi su una crescita più lenta ma più sicura per generare stabilità.

In un mondo veloce nessuna azienda può durare per sempre (per la cronaca nemmeno Pernigotti esiste nella sua forma originaria dal 1860)… ma sicuramente in un’ottica differente può strutturarsi per rimanere sul mercato quanto più a lungo possibile..

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