Quanto vale la libertà (ai tempi del Corona Virus)
In questi giorni ci stiamo rendendo conto (semmai ce ne fosse stato bisogno) di quanto vale la nostra libertà.
Cose che davamo per scontate della nostra routine assumono all’improvviso un’importanza fondamentale.
Di fronte all’inevitabile, ogni previsione risulta vacua: la carriera, il lavoro, i risparmi, la pensione, la borsa, il costo della benzina e persino l’intero ecosistema economico mondiale..
Se da una parte tutto questo ci aiuta a ridimensionare alcuni dei problemi che pensavamo di avere (un collega insopportabile, una moglie o un marito suscettibile, un figlio che fa i capricci o un teppista che nel lontano 1985 ci ha tagliato la strada), dall’altro amplifica e complica aspetti con cui non eravamo abituati a confrontarci.
Da quando non abbiamo più accesso alla nostra “normalità”, molte persone stanno andando in crisi perchè costretti a fare i conti con la propria solitudine e con rapporti che soffrono ancora di più il peso di una quotidianità da cui non è più possibile evadere…. niente after hour, niente scorribande coi compagni del liceo, niente “uscite libere”, niente più caffè con i colleghi…niente di niente.
Molti cercano rifugio ancora di più nella “socialità” ma anche i luoghi virtuali stanno diventando sempre più vuoti e privi di contenuti affascinanti a causa dell’impossibilità di mostrare al mondo “quanto stiamo bene”, “come siamo bravi” o “come sappiamo goderci la bella vita”.
Stiamo scoprendo cosa vuol significa vivere nella vita reale per il 100% del nostro tempo, quanto diventa inutile passare ore sui social o quanto poco importante sia tutto il resto quando non puoi tenere ciò che veramente conta a meno di un metro di distanza.
Il virus ci ha tolto temporaneamente la libertà ma ci dà un’occasione unica di riflessione.
Alcuni di noi continueranno ad agognare l’evasione (dalla cui astinenza speriamo di liberarci presto) e brameranno di tornare a quello stato di ammorbamento che ci consente di essere sempre in movimento senza mai avanzare veramente.
Tanti eviteranno di fermarsi a pensare (perchè quello che ne trarrebbero avrebbe conseguenze molto più pesanti e molto meno provvisorie del virus stesso).
Ciò che potrebbe diventare una pandemia non solo ci toglie la “libertà”, ma mette in crisi valori, abitudini e rapporti.
Di fronte ad una crisi così, anche il top model da social diventa un topolino impaurito perchè ciò che sta succedendo non tira fuori quello che mostriamo ma quello che siamo: il nostro approccio alla vita, il nostro senso di responsabilità, le nostre difficoltà ed i nostri limiti, come reagiamo alle circostanze, come ci comportiamo nei confronti dell’umanità (e non più solo nei confronti del nostro ego).
La parziale buona notizia è che sperabilmente tutto passerà in breve tempo e potremmo ributtarci a capofitto nella carriera, nel leggere centinaia di mail al giorno, nel pensare alla macchina nuova, alle cene all’aperto ed alla manicure: ci butteremo alle spalle tutto e dimenticheremo alla velocità della luce come è successo in passato per catastrofi ben peggiori (quando ai nostri nonni venne chiesto di andare in guerra invece che “di stare a casa”..) e per eventi che ci hanno costretto ad istituire i “giorni della memoria”.
Quello che non dovremmo buttare via è l’occasione per resettarci, per riflettere e pensare, per lasciarci alle spalle quello che non conta, per apprezzare la quotidianità, la famiglia e persino l’inevitabile noia conseguente dall’essere dovuti passare “da 100 a zero”.
Il virus passerà lasciandoci una lezione immemorabile che solo alcuni riusciranno a cogliere: tirerà fuori il nostro vero io, la nostra capacità di affrontare i problemi e di essere flessibili… insegnerà la resilienza, dirà molto di noi e di quello che siamo riusciti a costruire a parte una brillante carriera ed una bella casa: che ci piaccia o no, insegnerà a riflettere su quello che siamo, sperando che quanto abbiamo faticosamente costruito sia un po’ più solido di quello che siamo abituati a far vedere.
Certo. Bellissima panoramica. Io però, che sono della generazione precedente, non sono così certa che gli effetti benefici di queste riflessioni dureranno a lungo. Ma ci spero fortissimamente.
L’essere umano è un animale strano: nel corso dei secoli se fossimo stati capaci di trarre insegnamenti dall’orrore delle guerre adesso vivremo in un mondo di pace.
Però voglio guardare avanti e soprattutto in alto. Non in senso religioso. Semplicemente perché le stelle ci sembrano piccolissime solo perché lontane. Se solo una di loro un giorno venisse giù non potremmo farci proprio niente. Prendiamo coscienza della nostra piccolezza e fragilità. E ripartiamo, appena possibile