Alex Ferguson: la mia vita

Alex Ferguson: la mia vita (427 pag.) 07/01/2020

“decisi subito che, per guadagnarmi la fiducia e la lealtà dei giocatori, dovevo prima offrire loro la mia: questo legame è la base su cui si fondano grandi imprese”

Un uomo d’acciaio Alex Ferguson, ma anche una grande personalità e l’unico uomo nella storia del calcio moderno ad essere riuscito a tenere la panchina di un grande club per 26 anni.

Fra alti e bassi, sconfitte e vittorie, è sicuramente una persona che ha saputo rinnovarsi nel corso di tutta la sua lunghissima carriera, pur mantenendo dei punti saldi che ne hanno fatto un riferimento in tutto il mondo.

All’interno della biografia, che più che altro è la cronistoria del calcio inglese e della premier league dal 1987 al 2013, si scorgono tratti di un personaggio meticoloso e duro ma al contempo sempre pronto a difendere non solo i valori del club che rappresentava ma anche tutti i membri che lo componevano.

Scozzese di nascita e cresciuto nei quartieri umili di Glasgow, sulle origini  dei suoi giocatori diceva: “le radici non dovrebbero mai essere un ostacolo per il successo ed un’origine modesta può essere un vantaggio piuttosto che una difficoltà”.

Alcune delle frasi all’interno del libro sono sintomatiche dei suoi stati d’animo e spiegano molte delle sue scelte in campo e fuori:

  • “Allenare significa affrontare una serie infinite di sfide, la maggior parte di esse ha a che vedere con la fragilità dell’essere umano”
  • “Una qualità che avevo era che sapevo prendere una decisione, semplicemente sapevo decidere sempre”
  • “sul campo di battaglia non sei la stessa persona che sei in chiesa”

Un approccio pragmatico quello di “Sir Alex”, duro con gli avversari ma contemporaneamente benevolo verso i suoi giocatori ai quali non faceva mancare carota e bastone in egual misura:

  • “se un giocatore mi chiedeva un giorno di permesso doveva esserci un buon motivo: se c’era un problema volevo contribuire a trovare una soluzione”
  • “proteggere i giocatori era il mio lavoro.. non potevo mettermi contro i miei giocatori, dovevo trovare soluzioni alternative: a volte dovevo multarli o punirli ma non l’avrei fatto mai al di fuori dello spogliatoio”

E se da un lato appare difensivo, dall’altro teneva ben saldo il timone:

  • “l’unica cosa che non avrei mai permesso era la perdita del controllo perchè il controllo era la mia salvezza”
  • “sapevo che nel momento in cui un giocatore avesse provato a prendere il controllo della squadra, allora saremmo stati spacciati… nel momento in cui minacciano la tua autorità allora devi sbarazzarti di loro”

Nonostante il carattere duro e spigoloso, apprezzava comunque le personalità “eclettiche”:

  • “nonostante dessi l’immagine di uno che pretendeva sempre obbedienza, mi piacevano le persone con un pizzico di impertinenza: davano freschezza all’ambiente e c’è bisogno di un po’ di sicurezza ed energia.. se sei circondato da persone che hanno paura di esprimersi, avranno la stessa paura anche sul campo, durante le partite e nei momenti importanti”

Ferguson ebbe un rapporto abbastanza duro anche con la stampa, di cui diceva:

  • “non ho mai avuto confidenza con i giornalisti.. mi ero guadagnato molte prime pagine nel corso degli anni.. devi accettare che se ti chiamano genio probabilmente non avranno problemi a darti del pazzo”
  • “quello che conta è vincere, non mostrarsi intelligenti in un’intervista”

Sulle sconfitte:

  •  “A volte le sconfitte sono il risultato migliore e reagire alle circostanze avverse è una qualità: se ti limiti a subire le scofitte puoi star certo che continueranno ad arrivare”
  • “dopo che avevo detto la mia sulla sconfitta nello spogliatoio dicevo a me stesso “dimenticale, è passata”… quando le gente veniva nel mio ufficio dopo una sconfitta mi assicuravo sempre che ci fosse una bella atmosfera, nessuna tristezza, nessuna recriminazione contro l’arbitro”

A chi nel corso della lunga carriera lo accusava di essere cambiato diceva “se sono cambiato è perchè oggi non è ieri… non sarei riuscito a sopravvivere se non fossi cambiato”.

Sul punto del ritiro definitivo diceva: “le corse, i libri ed i vini mi hanno insegnato a staccare.. a 70 anni se non ti mantieni attivo crolli velocemente”.. “devi avere qualcosa da fare quando ti ritiri e da fare subito, non dopo una vacanza di tre mesi”… “con l’età devi gestire le energie, mantenerti in forma: la gente dovrebbe curare il proprio fisico ed alimentarsi correttamente”.

In tutta la sua carriera, nel suo modo di allenare ma anche di affrontare gli avversari ha sempre ricorso ad una fine psicologia:

“dire che finivamo sempre la stagione con un ritmo più alto portava alla convinzione che questo si avverasse: il concetto si insinuava nella mente dei giocatori e diventava un tormento per gli avversari: era una profezia autoavverante”.

Negli ultimi 15 minuti indicavo sempre l’orologio.. era una strategia.. non facevo caso al cronometro ma contava l’effetto che aveva sulla squadra avversaria: tutti sapevano che il Manchester aveva talento nel segnare negli ultimi 20 minuti e questo gesto spaventava gli avversari”.

“c’è una dimensione psicologica anche nella gestione dei giocatori… nel caso abbiano atteggiamenti sbagliati è utile cercare di guardare le cose anche con i loro occhi: sei stato giovane anche tu, per cui mettiti nei loro panni”

“se mi confrontavo con un giocatore che aveva avuto un rendimento basso dicevo “hai giocato una partita orrenda” ma poi aggiungevo “per un giocatore della tua abilità”… criticavo ma controbilanciavo con l’incoraggiamento…” perchè fai così? Sai fare di meglio..”

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