Il dissenso ragionato e il cambio generazionale in azienda…


Un mio collega durante una presentazione ha dato un po’ di numeri sull’espansione del suo gruppo di quasi 200 persone (passato recentemente da un’età media di 49 anni a una di 42).

“Abbiamo assunto tantissimi giovani… ma a differenza di quando siamo entrati noi, adesso sono loro che scelgono le aziende e non il viceversa”.

Non so se sia proprio così ma spesso fuori dalla mia organizzazione mi trovo a lavorare con Gen X o boomer che hanno fatto una carriera straordinaria e che mi dicono la stessa cosa.

La nostra generazione è cresciuta in un mondo più stabile e deterministico: siamo stati educati a fare quello che ci veniva detto di fare, a non mettere in discussione autorità o gerarchie, e a rispondere a un’aspettativa sociale poco propensa al contraddittorio.

Non avevamo molta scelta e non potevamo “non essere d’accordo”: eravamo soggetti a un giudizio unilaterale e dovevamo muoverci su linee piuttosto chiare.

Ricordo ancora la prima volta che da manager a 33 anni ho detto “non sono d’accordo”: ho perso i titoli che avevo guadagnato con tanta fatica e lasciato la poltrona a chi era disposto a stare al suo posto e a prendere il mio dopo aver atteso pazientemente il suo turno.

Era così per tutti e all’epoca era un modo del tutto razionale per mantenere ordine e “organizzazioni ben oliate” che producevano grandi risultati.

Il problema è che questo modo di fare ha dato alla nostra generazione un mindset “resiliente” ma poco innovativo: abbiamo ceduto il passo al conformismo e rinunciato a migliorare le aziende di cui facevamo parte.

Sembra che adesso i tempi stanno lentamente ma progressivamente cambiando: si può dire “non sono d’accordo” con meno timore di essere relegati in panchina e con maggiore possibilità che una nuova idea venga finalmente fuori da un coro sempre troppo unanime di “abbiamo sempre fatto così”.

Il “dissenso ragionato” è una grandissima risorsa su cui si possono costruire società più profittevoli, più eque e più sostenibili… e le nuove generazioni possono spingerci a lavorarci anzichè considerarlo un “tabù”.

Quando useremo il “dissenso ragionato” come strumento di miglioramento per i nostri ambienti lavorativi, forse potremo non temere più l’intelligenza artificiale (che in gran parte si basa su dati prodotti da chi “ha fatto sempre così”).

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