La differenza maggiore fra le diverse generazioni è il tempo che impiegano a mettere in discussione un “sistema” (o un metodo di lavoro)


Le generazioni pre-millennial sono state educate a non mettere in discussione quello che veniva detto o fatto: i sistemi erano considerati “intrinsecamente validi” sia perchè funzionavano abbastanza bene, sia perchè davano delle sicurezze.

Adesso che il mercato del lavoro è cambiato e che nessuno è più in grado di dare delle certezze per un periodo che non sia relativamente breve, mettere in discussione quello che facciamo è diventata una cosa più normale (e il tempo che intercorre fra quando entriamo in un’azienda e quando iniziamo a vederne i limiti si è fatto sempre più “corto”).

Questo da un lato ha portato a un dinamismo senza precedenti, costringendo le organizzazioni a rincorrere le necessità di lavoratori sempre più esigenti in termini di benessere e retribuzione; dall’altro sta però dando origine a periodi di instabilità con malcontenti diffusi che generano spaesamento e favoriscono una “cultura degli alibi”.

Ciò che rende ancora più complesso questo fenomeno, è la contemporanea coesistenza negli ambienti di lavoro di una pluralità di generazioni con esigenze e prospettive diverse… che se da una parte costituiscono
il lato positivo della “diversity”, dall’altro rendono più complicato un
ecostistema che fa ancora fatica a trovare un equilibrio giusto…

Sono le grandi sfide che tutti dovremo affrontare per cercare proattivamente delle alternative anzichè passare dritti alla conclusione della seconda immagine di questa “vignetta” (credit: Corporate Rebels)

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