Dalla parete alla scrivania: quando la “missione” di un’azienda determina il suo successo (o il suo insuccesso)

Ci sono ” missioni” che vale la pena sposare, “valori” aziendali in cui è facile riconoscersi e “manifesti” che riportano ideali condivisibili pressoché da chiunque… poi, spesso, c’è la realtà…

La mission di un’azienda è predittiva dei suoi risultati solo se da “manifesto” diventa un vero e proprio “modo di lavorare”.

Nel 1945, Masaru Ibuka fondò Sony e prima ancora di avere capitali, profitti o prodotti eccezionali, scrisse nella “finalità di costituzione” la seguente frase:

“Creare un posto di lavoro dove gli ingegneri e i tecnici possano provare il piacere dell’innovazione tecnologica, essere consapevoli della loro missione nella società e lavorare con gioia”.

Le cronache dicono che i successi di Sony per i primi 50 anni dalla sua fondazione siano stati dovuti al fatto che la visione di Ibuka sia stata effettivamente messa in pratica e rimasta una priorità.

Ho parlato qualche giorno fa di Patagonia ma non fa eccezione neanche Southwest airlines, Barry-Wehmiller, Google X e molte delle aziende con una forte caratterizzazione ed un altrettanto rilevante riscontro sul mercato: la mission conta.. quando c’è coerenza e la capacità di tradurre i propri principi in un modo di lavorare, di intendere il business e di “stare sul mercato”.

…in due parole la “mission” e i valori sono equiparabili alle buone idee che vengono sotto la doccia: non conta quante ne hai, ma conta cosa ci fai quando chiudi il rubinetto…

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