La sottile arte di fare quello che C* ti pare (#23/2022)

di Mark Manson pag. 252 26 Aprile 2022

La “legge dell’inversione” di Alan Watts dice che “più ti sforzi di stare continuamente bene e meno sarai soddisfatto”… come se inseguire qualcosa non facesse che rinforzare la consapevolezza della sua mancanza.

Le riprove di questa legge stanno nella continua caccia a massimizzare risultati in un ciclo infinito in cui più si ottiene (e più si alza l’asticella) e più siamo insoddisfatti a prescindere da quanto già ottenuto.

E’ il male del nostro tempo ed anche qualcosa che ha ripercussioni enormi in tutti gli ambienti che frequentiamo (a partire da quello professionale).

La spinta alla competizione continua, all’individualismo ed al non accontentarsi mai, non porta a risultati maggiori ma solo ad ambienti tossici e ad un’insoddisfazione latente che colpisce qualsiasi livello sociale ed organizzativo (oltre ad andare contro il concetto di “lavoro di squadra” che è l’unico che può portare a risultati di rilievo).

Un altro filosofo (Albert Camus) diceva che “non sarai mai felice se continui a cercare in cosa consiste la felicità e non vivrai mai se stai cercando il significato della vita”.

Personalmente ritengo (dopo aver fallito con l’approccio classico della rincorsa ai risultati), che anche in campo lavorativo “più cerchi ossessivamente risultati e più ti allontani dall’eccellenza operativa (e dai risultati stessi)”… più sei individualista e più la battaglia si fa difficile… più rincorri ossessivamente disciplina ed obiettivi e più sforzi devi profondere a parità di risultato.

Il ragionamento che sta dietro alla “legge dell’inversione” è controintuitivo ma trova innumerevoli riprove empiriche.

E legge dell’inversione a parte, il problema sembra risiedere nel guardare alle cose sbagliate, concentrandosi su aspetti irrilevanti e che non producono valore aggiunto.

Mark Manson, in questo libro fuori dagli schemi (best seller del New York times) spinge ad adottare una tattica diversa: invece di affrontare le difficoltà con cieco ottimismo (come spingono le varie teorie prestazionali che partono da ottimismo, positività e “motivazione”), suggerisce di accettare le cose che non vanno e porre maggiore attenzione su quello che “conta”, guardando ai problemi non con un atteggiamento di falsa positività ma con la capacità di imparare a riconoscerli, osservarli e metterli in prospettiva.

Suggerisce in poche parole di applicare “l’arte di fare quello che c* ti pare” (titolo decisamente migliorabile), andando contro i luoghi comuni, cercando un modo diverso di fare le cose e cambiando la prospettiva ed il modo con cui guardiamo “quello che abbiamo sempre fatto”.

Un tema molto attuale che non implica un’accettazione passiva di quello che succede ma che spinge a riflettere a fondo su ciò che realmente conta per noi come individui, allontanandoci dai dogmi imposti dall’esterno e concentrandoci maggiormente su “le cose per cui vale la pena sbattersi”.

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