Quando dare un feedback per renderlo efficace?!?

Si parla molto di come dare un feedback ma poco di quando darlo..

Eppure tutti i momenti non sono uguali… e per essere efficaci è fondamentale individuare il “momento migliore” per chi il feedback lo deve ricevere..

Si possono studiare manuali interi o leggere infiniti libri su come dare un feedback… ma se non si sceglie il momento giusto, ogni sforzo può essere inutile perché il feedback è come un vestito: può essere cucito alla perfezione ma se non si azzecca la “stagione giusta”, il risultato non è garantito..

Così come la nostra predisposizione all’ascolto varia dal risveglio al momento del rientro a casa (magari dopo 10 ore di riunioni), così anche chi riceve un feedback ha i suoi “momenti” di maggiore o minore ricettività.

Essere consapevoli di questo effetto ed agire di conseguenza può fare la differenza.. sia nei risultati che nella relazione con i propri collaboratori, responsabili e colleghi…

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Dare e ricevere feedback: non importa solo come ma anche “quando”..

In tutte le aziende strutturate, ci sono processi e procedure anche relativamente all’erogazione dei feedback da dare a dipendenti a collaboratori.

Il problema di strutturare schematicamente un processo di feedback, è che questo comporta individuare dei momenti fissi durante l’anno (ad esempio durante fine Giugno o fine Dicembre).

Ma quanto è efficace dare feedback a tutti i dipendenti nello stesso preciso momento?

Vista la variabilità delle caratteristiche della persona, tendenzialmente si potrebbe dire poca: un feedback andrebbe dato quando la persona che lo riceve è “ricettiva” allo stimolo …e questo difficilmente capita nello stesso momento per tutti i nostri colleghi/capi o collaboratori.

Se si organizza una review a fine anno può darsi ad esempio che un nostro collaboratore sia più concentrato al regalo da fare alla moglie piuttosto che a quello che gli stiamo dicendo (in alcuni casi succede anche il contrario… con risultati buoni per la professione ma un po’ meno per la vita familiare..)

Il concetto del “tempismo” non si applica solo ai feedback: se cerco di comunicare qualcosa al mio capo, meglio farlo la mattina prima delle 9:00 piuttosto che il pomeriggio dopo ore ed ore di interminabili riunioni..

Analogamente, se dobbiamo dare input ad un collega affamato, meglio farlo dopo il caffè che prima di andare a pranzo (quando la fame chimica può distogliere l’attenzione dall’obiettivo primario di riempire lo stomaco).

Ognuno di noi ha dei ritmi biologici e fisiologici che hanno poco a che fare col lavoro ma che spesso sono funzione di come siamo, dei “momenti che attraversiamo” e delle pressioni interne ed esterne che subiamo.

Il grado di ricettività ad un feedback (e quindi la sua efficacia), cambia anche durante il corso della propria vita professionale: da giovani uno stesso input viene recepito e metabolizzato in maniera completamente diversa rispetto a quando sono passate “diverse” primavere lavorative..

In conclusione, il momento giusto per il feedback non è uguale per tutti e questo rende difficile che un processo “pianificato” due volte l’anno possa essere efficace per chiunque.

Soluzioni?

I feedback dovrebbero essere dati durante tutto il corso dell’anno, in base alla relazione ed al rapporto, in base alla persona ed al momento che sta attraversando (compatibilmente ovviamente con gli obiettivi professionali attesi): se siete buoni ascoltatori non avrete problemi ad individuare il momento giusto… e se non lo siete il consiglio è quello di diventarlo visto che questa meta-competenza sarà sempre più fondamentale..

Le sessioni “fisse” di feedback generalmente schedulate a metà o fine anno dovrebbero essere solo momenti di “check”: funzionali ad allinearsi ed a consolidare una relazione costruita passo dopo passo durante lo stesso anno (cosa che peraltro aumenta il rapporto di fiducia ed evita sorprese dell’ultimo minuto).

Il processo di feedback dovrebbe essere strutturato ma non schematico: come un vestito, dovrebbe tenere conto delle singole persone ma anche della “stagionalità”… in modo da essere realmente efficace ed assolvere appieno alla sua funzione di “miglioramento”.

D’altronde nessuno di noi è una macchina e nessuno ha sempre la stessa ricettività nel corso del tempo (qualsiasi sia l’arco temporale preso a riferimento)… pertanto è ragionevole supporre che anche le persone con cui lavoriamo quotidianamente abbiano le stesse “variabilità” di cui tenere conto se si vuole essere davvero “efficaci”.

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