“Un manager come un coach di olimpiade..”

La persona nell’immagine è il coach di Melanie de Jesus dos Santos, atleta francese ritratta in un momento immediatamente successivo all’errore che ha causato la sua uscita dalla competizione olimpica.

La telecronaca non consente di sentire il parlato, ma il linguaggio del corpo di pochi fotogrammi lascia pensare che l’allenatore possa essersi rivolto alla sua atleta dicendo:

“Sei stata bravissima”

“Pensa a dove sei arrivata (siamo a Tokio 2020!)”

“Per l’errore, non preoccuparti.. torniamo in palestra e lo rifacciamo meglio”

Concentrarsi sulle cose che sono andate bene anziché su quelle che sono andate male (peraltro in un contesto in cui è più facile perdere che vincere), aiuta ad elaborare i fallimenti, a fare leva sui punti di forza e ad ottenere il massimo da chi è responsabile della propria prestazione.

Melanie è come un* professionista: sa benissimo dove ha sbagliato e nel momento del fallimento ha solo bisogno di qualcuno che gli ricordi chi è e che cosa ha fatto di positivo…. per elaborare con lucidità i propri errori e tornare a lavorare per fare sempre meglio.

… e se Melanie compare negli schermi dei nostri televisori, non c’è dubbio che dietro le quinte il suo allenatore abbia saputo essere duro per spingere al massimo le performance..

Un coach di olimpiade è come un manager che ambisce a gestire profili di alto livello: deve essere capace di essere assertivo quando serve, ma anche di saper mettere l’accento su ciò che va bene quando questo è funzionale al raggiungimento di obiettivi sempre più alti.

Più si ambisce a ruoli apicali e più è necessario essere in grado di saper fare entrambe le cose… che sono incompatibili solo nella mentalità di chi non punta ad una finale di Olimpiade..

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