Cosa vogliamo lasciare? Per cosa vorremmo essere ricordati professionalmente?

L’importanza del “necrologio” professionale per settare i propri obiettivi.

Si legge spesso di quanto sia importante e fondamentale stabilire il proprio “purpose” ovvero lo scopo ultimo del nostro operato.

Come si fa a settare efficacemente un purpose dal momento che questo può essere fortemente condizionato dall’ambiente in cui operiamo e dalle aspettative altrui?

Un metodo efficace è pensare al nostro “necrologio” professionale ovvero al motivo per cui vorremmo essere “ricordati”…

Può sembrare bizzarro ma quando si cerca di pensare al proprio “purpose” in questa accezione, tutti i condizionamenti esterni assumono una prospettiva più realistica… consentendo di riconsiderare gli obiettivi in modo più funzionale alle proprie caratteristiche e volontà.

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Scrivere in anticipo il nostro necrologio professionale (pensando ai nostri collaboratori, colleghi o stakeholders più stretti), è un metodo incredibilmente valido per trovare il purpose che più si avvicina davvero alla nostra personalità.

Perché il necrologio?

Quando stabiliamo gli obiettivi non pensando che potremmo lasciare il pianeta terra, i risultati sono fortemente condizionati dall’ambiente esterno.

E’ un dato di fatto che i giudizi degli altri influiscano enormemente sulle nostre capacità analitiche e l’effetto è talmente impattante che spesso influisce non solo su quello che “pensiamo di voler fare” ma anche sulle nostre capacità.

Se scrivete un post su Linkedin e ricevete solo pochi “apprezzamenti”, siete subito portati a pensare di aver scritto cose poco interessanti (cosa non realistica visto che i “like” sono spesso frutto di algoritmi che poco hanno a che fare con i vostri contenuti).

E se un algoritmo può influenzare la nostra percezione, possiamo facilmente immaginare il condizionamento che le persone fisiche possano avere sulla nostra vita privata e professionale.

Quando definiamo i nostri target, pensiamo ingenuamente di farlo a prescindere dagli altri… ma il condizionamento è talmente forte che la maggior parte delle persone “normali” è portata a modificare inconsciamente i propri “obiettivi”.

Il fatto di voler inserire fra gli obiettivi più prestigiosi una macchina aziendale ed un posto riservato, è spesso frutto del condizionamento di una società che associa a questi due elementi uno “status symbol” (dal punto di vista “globale” poco cambia se la macchina è di proprietà o se il posto è in condivisione con altre persone).

Per provare a sfuggire a questo effetto (e capire se quello che vogliamo ottenere è una Mercedes o un po’ di considerazione da parte di altri esseri umani), può aiutare pensare al proprio “necrologio” ovvero a quello che vorremmo lasciare ai posteri.

Quando pensiamo alla nostra “mortalità”, ogni cosa subisce un forte ridimensionamento (in primis il giudizio delle persone che non sono nella nostra cerchia ristretta ma che tanto condizionano le scelte personali e professionali).

Se facciamo lo sforzo di scrivere in anticipo un “necrologio” professionale, possiamo realmente chiederci il motivo per cui vorremmo essere ricordati e da chi: cosa che ci avvicina maggiormente al nostro vero “purpose”.

La cosa più democratica del mondo ci costringe ad entrare in connessione con la parte più intima della risposta alla domanda: “Quali sono i nostri obiettivi reali?”, “Per cosa vogliamo essere ricordati?”

Vogliamo davvero essere ricordati come “uno dei più grandi dirigenti dell’azienda tal dei tali?”

O vorremmo essere ricordati per l’impatto profondo che abbiamo lasciato nelle persone o nella vita dei nostri collaboratori?

Quale può essere la prospettiva migliore? Creare valore per gli azionisti, avere una poltrona in pelle umana o lasciare un segno indelebile nelle persone che hanno lavorato con noi?

Ad una prima analisi superficiale del proprio purpose molte persone, preferirebbero una Mercedes…

Ma pensando a quante “Mercedes” sono rimaste nelle tombe dei più grandi re della storia (di cui a stento riusciamo a ricordare il nome), è probabile che molti siano portati a riflettere maggiormente sul motivo per cui vorrebbero essere ricordati “professionalmente”.

 E’ probabile che la maggior parte di noi convenga col fatto che “avere un impatto significativo sulle persone con cui quotidianamente si collabora”, sia di gran lunga preferibile ad ogni suppellettile che dura per il tempo di un cambio organizzativo.

Il purpose dovrebbe essere settato in relazione al lascito ed a quello che realmente conta… cosa che molto probabilmente spinge a pensare a “come fare la differenza e creare un impatto duraturo” piuttosto che ad accumulare compulsivamente targhe di plastica, poltrone acquistabili su Amazon o una collezione di uffici vuoti con pareti di cartongesso.

In conclusione

Pensare al proprio necrologio professionale (e personale), aiuta ad entrare in connessione con la parte più intima del proprio obiettivo ultimo: costringe a cambiare prospettiva ed a settare le proprie priorità in modo differente, seguendo il “purpose” che maggiormente si adatta al proprio modo di essere ed avvicinandosi alle proprie reali propensioni e volontà.

Non vedere il necrologio come un tabù ma come un’occasione per riflettere sul proprio “scopo” più profondo, aiuta a cristallizzarlo, a renderlo “significativo” e più facilmente raggiungibile.

Quando si toglie quello che non serve rimane l’essenziale: un esercizio di priorità che porta a semplificare enormemente la definizione del nostro fine ultimo, a ritrovarne il senso ed a metterci più facilmente in quello stato di “flow” che generalmente si realizza proprio quando riusciamo a concentrarci su ciò che veramente conta (una Mercedes?!?).

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