Fai uno “Staff”​ meeting o uno “Stuff” meeting?

Come fare pulizia delle (troppe) riunioni? La maggior parte di noi ha l’agenda piena di riunioni: plenarie di 20 persone spesso lunghe come un conclave… (con la differenza che oltre a non decidere chi sarà il nuovo papa, spesso si fa fatica a fare un riassunto con un piano di azioni ben definito)

Una riunione di un’ora estesa a 20 persone crea una quantità di energia impiegata pari a 20 ore (la metà di una settimana lavorativa di una persona).

Ne vale la pena? Possiamo farne a meno? Possiamo gestire problemi ed azioni in modo più efficiente?

La risposta non è univoca ma spesso è affermativa.

E nella maggior parte dei casi per fare “pulizia della propria agenda”, liberando tempo ed energie per sé e per gli altri, è sufficiente fare (e farsi) qualche domanda..

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Staff vuol dire gruppo mentre Stuff significa “roba”..

Spesso gli “staff meetings” sono “stuff meetings”: pieni di “roba” che eccede gli scopi stessi delle riunioni e che costituisce una grande perdita di tempo (moltiplicata per tutti i partecipanti).

A meno che il meeting non sia un’informativa finalizzata ad allineare un gruppo di persone (ma se non siete un VP o un CEO è difficile che questo avvenga), ci sono alcuni elementi che rendono uno “staff meeting” uno “stuff meeting”:

–         La durata eccessiva

–         I troppi partecipanti

–         La mancanza di un’agenda con punti chiari e (magari) tempificati

–         La mancanza di “sostanza” (o di azioni assegnate con responsabilità precise)

Un meeting è come un post: dovrebbe sempre trovare una risposta alla domanda… “e allora?!?”.

Se non è così è probabile che si tratti di uno “stuff meeting”… decisamente desueto in un’epoca di “minimalismo”, velocità ed efficienza.

Un fenomeno troppo diffuso..

Spesso siamo spettatori passivi di meeting esageratamente lunghi e che sommati insieme si prolungano dalle 8 di mattina alle 19 di sera (od oltre, a seconda dei fusi orari).

Abbiamo agende in cui trovare un “buco” diventa difficile quanto trovare un ago in un pagliaio… e questo per 50 settimane l’anno..

Complice la tecnologia, il lavoro da remoto ha accentuato questo fenomeno, levandoci le pause caffè fra un meeting e l’altro e costringendoci a compattare ed addensare ancora di più le nostre agende.

Quando si hanno riunioni senza soluzione di continuità è difficile rendersi persino conto di quanto tempo perdiamo in ciò che potrebbe essere semplificato.

L’effetto è come quello che si ha quando abbiamo a disposizione una macchina su una strada dritta e ci viene detto di guidare più velocemente possibile: siamo talmente impegnati nella missione che difficilmente ci fermiamo per chiederci se non ci siano scorciatoie a portata di mano..

Per efficientare un processo ormai da troppo tempo indirizzato su binari prestabiliti (tanto da considerare il fenomeno delle troppe riunioni come “normale”), è sufficiente cominciare a chiedersi “cosa producono” le nostre riunioni, misurando il livello di energia che assorbono in rapporto ai risultati che otteniamo e cominciando a declinare gli inviti..

Come fare?

Per riappropriarsi di un po’ di tempo utile per “lavorare” (visto che le riunioni sono “parte del lavoro” ma non dovrebbero essere “il lavoro”), è necessario capire di cosa si può fare a meno.

Visto che la maggior parte degli appuntamenti sono organizzati dagli altri, un ottimo modo per “evitarli” è fare qualche domanda più approfondita sulle ragioni del “gradito” invito..

Se l’organizzatore non è un capo diretto (o se lo è ma è sufficientemente “smart”), si può “sfidarlo” con delle domande per capire (e fargli capire) se la nostra presenza è strettamente necessaria o meno.

Generalmente chi organizza si basa su assunzioni deboli e molto spesso estende la riunione oltre il dovuto (sia in termini di partecipanti che di durata).

Per una riunione efficace, un’agenda con argomenti ed azioni dovrebbe essere un prerequisito.

Dal momento che nella maggior parte dei casi non è presente (quante delle vostre riunioni in calendario ha una lista di punti nel corpo dell’invito?), la prima cosa da fare è quella di farne esplicita richiesta.

Spesso possiamo salvarci dagli “stuff meeting”, semplicemente facendo domande a chi li organizza:

–         Quali sono i punti di discussione?

–         Chi è coinvolto e perché?

–         Sono realmente utile/richiesto? Il mio contributo è fondamentale?

–         Ci sono azioni per me? Se sì, quali?

Chiedere se ci sono punti che prevedono il nostro coinvolgimento spinge l’organizzatore farsi qualche domanda in più e lo costringe ad esplicitare i contenuti della riunione, consentendoci peraltro di preparare eventuali risposte che vanno a guadagno di tempo per tutti.

Per esperienza, nella maggior parte dei casi gli organizzatori hanno un’idea generale del “tema”, ma poca chiarezza su modalità, tempistiche, dettagli e “progettualità” sulle interazioni fra i partecipanti.

Richiedere all’organizzatore di fare mente locale e riflettere su quello che sta facendo anziché accettare passivamente di essere “inseriti in un loop” che riempie le caselle del nostro Outlook, aiuta tutti a semplificare e ad essere più efficienti.

Chi organizza una riunione è pigro e tendenzialmente poco empatico: non capisce che quell’ora che sottrae alle persone che invita è un ottavo delle ore lavorative di un professionista (moltiplicate per tutte le persone che partecipano).

Mettere una riunione in calendario è un lavoro di 3 minuti in cui l’atto di invitare 5 o 30 persone richiede lo stesso impegno in termini di tempo (perché per aggiungere un partecipante bastano uno o due secondi).

L’ideale sarebbe sostituire Outlook con un programma che costringe chi chiama una riunione ad aspettare un determinato tempo prima di poter inserire un altro partecipante… (magari allungando ulteriormente il tempo necessario via via che si aggiunge un partecipante.. in modo che per estendere il meeting a 20 persone sia necessario spendere almeno mezz’ora del proprio tempo).

In assenza di un metodo così strutturato (che sicuramente libererebbe almeno del 50% delle nostre agende), fare domande all’organizzatore è di gran lunga la cosa più semplice.

Se l’organizzatore non riesce a riassumere concretamente ed a sviluppare “l’evento” che sta organizzando, allora non se la prenderà troppo nell’eventualità di un nostro “gentile” rifiuto…

In conclusione:

Per liberare l’agenda è sufficiente fare qualche domanda a chi deliberatamente ci ha deciso di sottrarci del tempo prezioso (e magari non ne è pienamente cosciente).

Spesso per risolvere i problemi è sufficiente una chiamata vis a vis o al massimo coinvolgendo due o tre persone alla volta: la necessità di riunioni plenarie con un grado di partecipazione attiva prossimo allo zero serve solo a mitigare un’incapacità di comunicazione che gli strumenti informatici hanno contribuito ad accentuare.

Indipendentemente dal livello di complessità del proprio lavoro, salvo rari casi, il problema che abbiamo è più dovuto alla nostra incapacità di parlare l’uno con l’altro piuttosto che alle difficoltà operative.

La tecnologia in questo non aiuta perché semplifica talmente tanto le operazioni di “organizzazione” dei meetings, da rendere molto più facile inviare un Outlook piuttosto che alzare il telefono e cercare una soluzione più rapida.

Cosa succederebbe se non avessimo a disposizione tutta questa “accessibilità” o se per organizzare una riunione fosse necessaria mezza giornata di lavoro preparativo? Siamo sicuri che la organizzeremo lo stesso? O troveremo vie più semplici per risolvere?

Se foste un imprenditore, paghereste 20 persone per stare un’ora in riunione compicciando poco o niente?

P.s: ognuno di noi è un organizzatore di riunioni: oltre a leggere questo articolo come “spettatore”, provate a ribaltare la prospettiva e prima di organizzare una riunione ponetevi le domande che fareste da interlocutore… vi stupirete di scoprire come nonostante la vostra intelligenza, spesso organizziate eventi e riunioni in modo automatico, creando un eccesso di entropia e partecipanti che nel lungo termine influisce negativamente sulla vostra credibilità nei confronti del gruppo che gestite o dei colleghi con cui lavorate.

Organizzare riunioni efficaci crea tempo per le persone e porta maggiori risultati per l’organizzazione (che paga ogni ora di riunione come se fosse un’ora lavorata).

Efficientare le riunioni rende pertanto le persone più produttive, libera tempo per fare altre cose e genera vantaggi per tutti (e molto meno stress a fine giornata)

POST post..

C’è uno strano pregiudizio che ci spinge a riempirsi di riunioni: l’ambiente in cui lavoriamo associa all’agenda piena un segnale di efficienza ed impegno…. Spesso però chi non riesce a liberare l’agenda e trovare anche il tempo di “lavorare” o essere più produttivo è in realtà meno efficiente di chi sembra apparentemente “scarico”..

Il cervello (che è lo strumento che utilizziamo per lavorare), deve avere tempo e spazio sia per “spremere le meningi” che per rilasciarle per prendere ossigeno: un ciclo di riunioni che dura 9 ore serve solo a stressarlo ed a comprimerlo… tenendo l’organo sempre sotto sforzo senza consentirgli il ciclo vitale di “ossigenazione”.

Partecipare costantemente alle riunioni è come contrarre costantemente un muscolo: col risultato che a fine giornata si è accumulato acido lattico che difficilmente consentirà di fare uno sprint nel giorno successivo..

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