Per sapere se e come le aziende cambieranno, è sufficiente osservare come sta cambiando ciò che ci circonda..

Perché le organizzazioni ed i manager saranno costretti a cambiare… (e velocemente)

Succederà o non succederà?

Con l’apertura di alcune interessanti prospettive (smart-working e flessibilità per citarne solo due), molti di noi si stanno chiedendo se la direzione verso un cambiamento radicale che stanno prendendo le organizzazioni sarà duratura o se sarà solo un fuoco di paglia spinto dalla contingenza.

La risposta è che le organizzazioni, i manager, gli stili di leadership ed il modo con cui siamo abituati a concepire il mondo professionale cambieranno radicalmente e per sempre: non a causa del “new normal” o di contingenze sperabilmente passeggere, ma a causa di un cambiamento epocale di ben più ampia portata (che trova molte analogie nella storia contemporanea).

Un cambiamento dettato dalla società e dalle nostre nuove esigenze (che progressivamente aumentano non più in termini quantitativi ma qualitativi): un cambiamento non indotto dalla tecnologia ma fortemente accelerato dalla stessa.

Qui di seguito alcuni elementi per spiegare perché questo cambiamento del nostro modo di “fare businness” sarà permanente..

XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX

Un fatto è certo: progressivamente stiamo cambiando il nostro concetto di stare al mondo (e di relazionarci con lo stesso).

I social hanno preso un posto importante della nostra socialità, facendoci perdere un po’ di contatto umano ma contemporaneamente dandoci possibilità di interazione ben al di là del nostro spazio fisico.

I confini geografici si sono ulteriormente allargati (facendo seguito ad un processo di globalizzazione iniziato già diversi decenni fa).

Il materialismo sta lasciando spazio ad altre forme di contenuti: abbiamo sperimentato un notevole benessere frutto dei risultati dell’era industriale ma ultimamente ci stiamo dirigendo maggiormente verso la “ricerca della felicità” (che stiamo progressivamente identificando sempre meno con “l’accumulo seriale di oggetti”).

Anche il concetto di possesso sta cambiando.. stiamo accogliendo forme fino a qualche anno fa inconcepibili, come ad esempio il noleggio di oggetti storicamente ritenuti un must (come la macchina, che dovevamo necessariamente possedere insieme alla casa…).

Anche il modo in cui facciamo le vacanze sta cambiando: ci stiamo allontanando dall’ottica degli hotel, frequentando B&B o case altrui ed aprendo le nostre abitazioni ad esperienze condivise (se non ci spingiamo verso il couch surfing almeno contempliamo di dare qualcuna delle nostre stanze inutilizzate in affitto).

Fanno parte del nostro quotidiano il car sharing, il bike rental, gli inglesismi, le aziende che ci portano da mangiare dopo un’ora (anche se abitiamo in un posto sperduto) e quelle che ci portano tutto quello che vogliamo nel giro di due giorni.

E’ l’era dei voli low cost, delle vacanze spalmate durante l’anno, di Airbnb e del mondo a portata di smartphone, dell’informazione globalizzata e delle fake news… l’era delle foto con il cellulare, della scomparsa della carta, del sapere condiviso e dei super-PC che si mettono d’accordo per fare operazioni di calcolo volte a scoprire le origini dell’universo (o a sostituire la nostra “moneta” con dei bitcoin frutto di alchimie degne di un film di fantascienza).

Il mondo non era così fino a poco tempo fa: qualsiasi settore è stato sconvolto completamente.. e così anche tutte le organizzazioni che quotidianamente devono sfornare prodotti radicalmente diversi a quelli a cui eravamo abituati anche solo fino a due decenni fa.

Due decenni per sconvolgere la vita di 7 miliardi di persone a tal punto che già ai nostri figli sembrerà estremamente strano concepire il mondo per cui noi lo abbiamo vissuto solo una generazione fa.

E’ ovvio come tutto questo mondo sia alimentato da organizzazioni: ogni cosa che ci circonda viene prodotta, trattata o masticata da gruppi di persone che si riuniscono quotidianamente per dare vita ad un processo produttivo di cui quei prodotti sono il risultato finale.

Per la maggior parte si tratta di aziende con una concezione del lavoro ancora legata ad un tipo di produzione tradizionale, che necessitava di un controllo maggiore sui processi, che a sua volta si rifletteva su un controllo maggiore sulle persone e così via.

Quello di prima era un mondo “stabile”, che richiedeva competenze “stabili” per realizzare “stabilmente” prodotti “stabili” da tenere “stabilmente” nelle classifiche dei prodotti più venduti per lungo tempo…

Ma adesso il mondo non è più lo stesso: è più “liquido” (parola che si usa per dire che cambia velocemente), non è più improntato alla “stabilità” ma ad una costante instabilità con cui bisogna far fronte quotidianamente…. una instabilità che pretende flessibilità di pensiero, di competenze, di mentalità e di azione.

E’ quindi un mondo “flessibile” che richiede “flessibilità” e che ha bisogno di gente “flessibile” per gestire in maniera “flessibile” i cambiamenti: un mondo di professionisti abituati a pensare fuori dal coro perché il “fuori dal coro” rappresenta ora il “new normal”…

E’ cambiato il mondo e devono cambiare le aziende e tutto l’establishment che le ha caratterizzate finora.

Non è un caso che il nuovo mondo abbia come protagonista aziende che con il mondo vecchio non hanno niente a che fare: aziende fatte da ragazzini che hanno impostato prodotti e modi di realizzarli completamente diversi da quelli tradizionali.

Le nuove aziende sono vincenti perché nascono già con le nuove regole a cui le vecchie aziende fanno inevitabilmente fatica ad adeguarsi: sono già strutturate nel mondo contemporaneo.. senza ritardi e senza pesanti riorganizzazioni da dover fare per adeguarsi..

Sono aziende con poca gerarchia, con una circolazione delle informazioni più capillare: aziende con aree relax e di divertimento per stimolare la creatività (che si sostituisce alla “fedeltà” alle procedure come fonte certa per assicurare i risultati).

Aziende più orientate alla singola responsabilizzazione dell’individuo piuttosto che al controllo maniacale delle ore lavorate.

Aziende in cui il CEO è una persona che parla con i suoi, che va al caffè con l’ultimo degli impiegati e che fa dello “storytelling” una pratica quotidiana per il coinvolgimento dei propri dipendenti.

Il mondo per come era concepito prima era stabile ed aveva bisogno di controllo… procedure, standardizzazione, ottimizzazione delle risorse e dei tempi per tirare fuori prodotti evoluti con alti standard qualitativi.

Non c’era niente di più adatto che una schiera di manager maniaci del controllo, della precisione e della pianificazione.

Ma questo non è più un mondo da pianificare (almeno non nell’accezione più tradizionale): questo è e sarà un mondo da vivere, sperimentare, improvvisare…. Sarà un mondo che vivrà stabilmente nell’incertezza… con prodotti che ieri non erano concepibili e che adesso sono un must e con prodotti che adesso sono un must e che domani mattina potrebbero essere facilmente sostituiti da qualcosa di ancora più evoluto ed innovativo.

Ed in tutto questo scenario le aziende dovranno cambiare… per non fare come chi continuava a produrre ostinatamente “carrozze”, nell’epoca di Ford e della motorizzazione di massa..


Leave a Comment