“Io la vedo così, tu come la vedi?!?”

Hai un’idea migliore?”

A volte basterebbe questa semplice domanda e molte riunioni finirebbero con decisioni prese più consapevolmente, raggiungendo risultati qualitativamente superiori (ed in tempi minori).

Che si parli di un confronto in famiglia o di mega riunioni ai vertici di una multinazionale, spesso le discussioni prendono una piega che raramente porta alla “decisione migliore”.

Questo perchè ognuno parla ed argomenta al solo scopo di difendere la propria posizione, piuttosto che trovare “quella più ragionevole”. In ambito lavorativo, forti delle proprie competenze, minacciati da metriche e numeri e con l’ancestrale paura di un giudizio, le persone tendono più ad arroccarsi su un baluardo piuttosto che ad ascoltare, recepire e valutare le diverse opzioni sul tavolo.

Questo approccio da maschio alfa poteva andare bene ai tempi in cui il “capo branco” prendeva decisioni per tutti (ed almeno non perdeva tempo ad argomentarle..), ma in una società moderna si dovrebbe discutere solo al fine di trovare la soluzione migliore…

E’ in primis una questione di efficienza: le discussioni per posizioni prendono un sacco di tempo e sono “voragini energetiche” che nessuno potrebbe permettersi.. tanto più quanto più si sale nell’organigramma..

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Le riunioni fra bambini sono fantastiche: quando devono discutere su come fare una costruzione o su cosa inventarsi per passare il pomeriggio, aprono piccoli dibattiti in cui c’è un vero e proprio scambio di opinioni ed in cui generalmente si raggiunge una decisione in tempi relativamente brevi.

I bambini non perdono tempo a discutere nè a fare guerre di posizione per cui generalmente si tratta di discussioni di breve durata, in cui spesso c’è un livello di confronto maggiore rispetto a riunioni apicali in cui persone molto più evolute celebralmente dovrebbero mettere le proprie conoscenze a fattor comune, per mischiarle con quelle dei colleghi e partorire “l’idea migliore”.

La cosa bizzarra di questo controsenso è che questo non dipende dalla “facilità della decisione” (scegliere con cosa giocare è sicuramente più facile che decidere come allocare un budget), ma dall’approccio..

I bambini non hanno ancora cristallizzato il proprio modo di intendere le cose: non hanno “feudi” da difendere e non hanno ancora scritto un manuale dove ci sono risposte certe per ogni argomento trattato… non hanno ancora sviluppato competenze che li direzionano e non hanno maturato titoli o cariche da dover salvaguardare dal giudizio altrui.

In definitiva sono molto più aperti al confronto ed anche se qualche volta si prendono per i capelli (cosa che comunque avviene assai di rado), il minuto dopo sono pronti a ricominciare daccapo, senza rancore e soprattutto senza troppo badare ai conflitti precedenti (che non si ripercuotono su eventuali “discussioni” successive).

Al contrario, negli adulti, meccanismi cognitivi consolidati tracciano solchi che minano indelebilmente ogni raziocinio, mandanoci fuori strada e facendoci perdere lucidità anche di fronte alle questioni più banali (personalmente ho assistito a molti conflitti ma mai su argomenti “difficili” come la scissione di un atomo di idrogeno o cose simili).

Oltre all’effetto negativo sulla unidirezionalità che attribuiamo alle nostre idee a causa delle nostre conoscenze/convinzioni, si aggiunge un’effetto indotto dalle nostre simpatie/antipatie, che influenzano pesantemente anche il giudizio che diamo ai contributi altrui: se percepiamo una maggiore competizione con una persona, tendenzialmente attribuiamo alla sua idea un valore minore a prescindere dalla bontà dell’idea stessa.

Dulcis in fundo la quantità: nelle nostre riunioni, se ci sono molte persone, quello che succede è che diamo o troppa enfasi alla nostra idea (difendendola eccessivamente per farla prevalere su quella degli altri) o troppa poca (magari non presentandola per paura del giudizio di una consistente platea di persone).

E’ così che le migliori idee o non vengono fuori, oppure si perdono nella “discussione delle posizioni”.

Ma invece di spendere tempo ad argomentare su cose futili (facendo perdere all’azienda fiumi di ore moltiplicate per tutti i partecipanti alla discussione), sarebbe più utile cambiare registro, mettersi tutti in modalità “ascolto attivo” e promuovere un dibattito utile al fine comune (magari con l’obiettivo di partorire qualcosa di accettabile entro mezz’ora).

Nella mia esperienza non ho mai visto nessuna persona in gamba perdere terreno sugli altri perchè invece che ascoltare si impegnava ad imporre la propria posizione… non ho mai visto nessuno realmente in gamba non “venire fuori” perchè ha saputo fare un passo indietro di fronte a soluzioni palesemente migliori delle sue.. piuttosto ho visto molte persone incaponirsi dietro questioni marginali, perseguendo principi che spesso hanno tolto efficacia a quel che di buono che c’era dietro le loro idee.

Gli outsider alla lunga emergono comunque, anche (“soprattutto”) se lasciano spazio agli altri: vengono fuori perchè accettano di buon grado che non si possono sempre sfornare le idee migliori ogni volta che ci si mette ad un tavolo… e quando hanno veramente un’idea vincente, generalmente tutti sono pronti ad ascoltare.

E se qualcuno si chiede se queste banalità sono impossibili da applicare in un ambito competitivo come quello lavorativo, allora dovrebbe provare ad osservare attentamente le dinamiche che si sviluppano all’interno di un gruppo di bambini… 

I bambini non perdono tempo a discutere.. (nè a fare guerre di posizione)

Ogni tanto osservo mio figlio giocare con i suoi amichetti e discutere su come fare una costruzione o su cosa inventarsi per passare il pomeriggio: piccole “riunioni” in cui c’è un vero e proprio scambio di opinioni ed in cui generalmente si raggiunge una decisione in tempi relativamente brevi.

Sono dibattiti di breve durata, in cui spesso c’è un livello maggiore di confronto rispetto a riunioni apicali in cui persone molto più evolute celebralmente dovrebbero mettere le proprie conoscenze a fattor comune, per mischiarle con quelle dei colleghi e partorire “l’idea migliore”.

La cosa bizzarra di questo controsenso è che questo non dipende dalla “facilità della decisione” (scegliere con cosa giocare è sicuramente più facile che decidere dove allocare un budget), ma dall’approccio che si persegue.

I bambini non hanno ancora cristallizzato il proprio modo di intendere le cose… non hanno ancora scritto un manuale dove a seconda degli argomenti si sono fatti una propria opinione… non hanno ancora sviluppato competenze che li direzionano e non hanno maturato titoli o cariche da dover difendere dal giudizio altrui.

In definitiva sono molto più aperti al confronto ed anche se qualche volta si prendono per i capelli (cosa che comunque avviene assai di rado), il minuto dopo sono pronti a ricominciare daccapo, senza rancore e soprattutto senza troppo badare ai conflitti precedenti (che non vincolano e non si ripercuotono su eventuali “dibattiti” successivi).

Negli adulti i meccanismi cognitivi tracciano invece solchi che rendono un’idea più simile ad un vagone che deve percorrere due binari piuttosto che una biglia libera di vagare in tutte le direzioni (approdando nel posto migliore).

Oltre all’effetto negativo sulla unidirezionalità che attribuiamo alle nostre idee a causa delle nostre conoscenze/convinzioni, si aggiunge un’effetto indotto dalle nostre simpatie/antipatie, che influenzano pesantemente anche il giudizio che diamo ai contributi altrui: se percepiamo una maggiore competizione con una persona, tendenzialmente attribuiamo alla sua idea un valore minore a prescindere dalla bontà dell’idea stessa.

Dulcis in fundo la quantità: se ci sono molte persone in una riunione o diamo troppa forza alla nostra idea (difendendola eccessivamente per farla prevalere su quella degli altri) o troppa poca (magari non presentandola per paura del giudizio di una consistente platea di persone).

E’ così che le migliori idee o non vengono fuori, oppure si perdono nella “discussione delle posizioni”.

Ma invece di spendere tempo ad argomentare, sarebbe più utile cambiare registro, mettersi tutti in modalità “ascolto attivo” e promuovere un dibattito utile al fine comune.

Nella mia esperienza non ho mai visto nessuna persona in gamba perdere terreno sugli altri perchè invece che ascoltare si impegnava ad imporre la propria posizione… non ho mai visto nessuno realmente in gamba non “venire fuori” perchè ha lasciato spazi ad altri.

Gli outsider alla lunga emergono anche se lasciano spazio agli altri e se accettano di buon grado che non si possono sempre sfornare le idee migliori ogni volta che ci si mette ad un tavolo.

E se qualcuno si chiede se queste banalità sono impossibili da applicare in un ambito competitivo come quello lavorativo allora dovrebbe provare ad osservare attentamente le dinamiche che si sviluppano all’interno di un gruppo di bambini…

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