Il gioco infinito

di Simon Sinek pag. 237 25 Agosto 2020

La maggior parte delle crisi delle aziende deriva da come i leaders si approcciano al businness.

Come ci spiega molto bene Simon Sinek nel libro “Il gioco infinito”, il problema principale è che il businness è un gioco infinito e che generalmente la maggior parte di chi vi partecipa tende a giocarlo una mentalità “finita”…

Nei giochi finiti i giocatori sono noti, le regole fisse e l’obiettivo è chiaro (e generalmente è quello di “vincere”)

Nei giochi infiniti come il businness, la politica o la vita i giocatori vanno e vengono, le regole sono mutevoli e non c’è un obiettivo definito.

Il businness è un gioco infinito dove l’obiettivo per un’azienda non è vincere nel breve termine ma prosperare nel lungo, cosa inevitabilmente legata al coinvolgimento dei dipendenti e ad una visione dei competitor completamente differente.

Approcciarsi al businness con una mentalità infinita, significa considerare il lungo periodo, le fluttuazioni del mercato, lo stravoglimento dei mercati stessi ed il fatto che gli avversari cambiano nel tempo.

Una mentalità infinita presuppone mettere il benessere dei dipendenti e dei clienti al primo posto, prendere ispirazione dagli avversari per tendere al miglioramento continuo e vedere i competitor per quello che sono: aziende con i propri valori che si contengono un mercato volubile in costante evoluzione.

Viceversa affrontare il gioco del businness con mentalità finita vuol dire spremere fino all’osso tutta la propria organizzazione al fine di pompare i risultati e raggiungere la vittoria di una partita (lunga quanto un trimestre o al massimo per la durata della carica di chi la dirige).

Affrontare il gioco del businness pensando di vincere nel breve termine o pensando di battere un avversario solo perchè è presente sul mercato come noi è una strategia fallimentare che ha delle conseguenze sulle logiche di lungo termine.

Chi approccia questo “gioco” come una serie di partite in cui conta solo il risultato, si concentra solo sul punteggio, a discapito di tutto il resto..

E’ così che CEO si concentrano esclusivamente sulla battaglia dei numeri, “vincendo” la partita per un certo numero di anni ma trascurando completamente le strategie di lungo termine.

E’ così che Microsoft si concentrò sulla sfida contro Apple, dimenticandosi della propria missione originaria e combattendo sul campo solo per togliere fette di mercato all’avversario (e dovendo rinunciare ad interi segmenti di mercato per questa miopia imprenditoriale).

E’ così che Kodak, da monopolista del settore fotografico, decise di sfruttare fino all’osso la propria supremazia, rinunciando a mettersi in gioco nell’emergente mercato della fotografia digitale che poi avrebbe spazzato via le pellicole (e con esse, la Kodak stessa).

Ed è così che Jack Welch portò a “vincere” (scrivendo peraltro l’omonimo libro) la General Electric, realizzando ingenti aumenti sul valore di borsa ma privilegiando quelle logiche di competizione interna che avrebbero parzialmente disgregato lo spirito con cui GE stessa nacque per mano di Thomas Edison..  

E’ con la stessa logica che amministratori delegati hanno condotto per pochi anni le aziende in una direzione di “performance spinte”, creando ambienti ipercompetitivi per gonfiare i numeri a beneficio temporaneo dei soli azionisti (e dei propri bonus).

Intendendo il businness come un gioco finito, chi guida le aziende subisce pressioni dei numeri e genera effetti indotti altamente tossici che portano a morte prematura.

Riescono a “vincere” per qualche anno, gonfiando i numeri spesso a favore dei propri bonus ma a scapito della cultura aziendale e dei suoi valori fondanti (unici parametri che possono garantire una sopravvivenza sul lungo termine)

E’ per questo che molte aziende sono fallite concentrandosi sull’annientare un’avversario a tal punto da dimenticare la propria mission e da perdere terreno su temi fondamentali quali quello dell’innovazione, della motivazione del personale e delle performance di lungo periodo.

Il parallelo fra gioco finito e gioco infinito fa luce su un tema fondamentale per la gestione delle aziende: la leadership

Leader che affrontano il gioco con mentalità finita puntano a spremere tutto subito, riescono ad ottenere performance migliori sul breve ma rischiano di distruggere generazioni intere di lavoratori.

Essere un leader con mentalità infinita (in un gioco intrinsecamente infinito come quello del businness) necessita scelte coraggiose: vuol dire rinunciare alla crescita veloce per favorire una crescita organica, significa rinunciare all’ossessione per l’avversario epr rincorrere il proprio credo e rinforzare i propri valori fondanti…. significa credere in un businness circolare dove dipendenti, fornitori e persino i competitor sono visti come stakeholder di un interesse molto più grande del solo profitto.

Significa trattare i competitor come “rivali degni” di stare nel gioco e di contribuire alla propria crescita, spingendo verso un’ottica di miglioramento continuo e stimolando il confronto sulle proprie “filosofie” produttive.

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