Quando un aggettivo rivolto ad un’altra persona può qualificarti..

“Scusatela, ha avuto una reazione uterina..”

Pensando di essere simpatico, un dirigente di un fornitore ha giustificato così il comportamento poco professionale tenuto da una sua collaboratrice nei confronti del mio gruppo di lavoro.

Nell’ambito di una discussione tecnica, la collaboratrice in questione aveva peccato di presunzione, minacciando la sospensione di alcune attività senza nessun motivo.

Per quanto fuori luogo, non avevamo dato troppo importanza alla reazione se non per far osservare alla sua dirigenza il mancato rispetto di accordi precedentemente presi.

Fin qui normali questioni di businness… almeno fino a che  il suddetto dirigente non è intervenuto col commento che avete letto, aggravando non di poco la situazione.

Il bieco quanto inefficace tentativo di scuse sui modi tenuti dalla collega non erano peraltro in discussione visto che noi per primi ci eravamo concentrati sui contenuti, liquidandone i modi  con un semplice “avrà avuto una brutta giornata”.

Sì perchè businness a parte, capita a tutti di avere “una brutta giornata” e di rispondere male ad un cliente o ad un collega (sia che tu abbia l’utero, sia che tu abbia la prostata).

Quello che invece non dovrebbe capitare è che un “dirigente” etichetti con aggettivi discriminatori un comportamento umano.

Capita a tutti di scherzare sulle caratteristiche che distinguono uomini e donne ma un conto è farlo nell’ambito di una cena fra amici (in cui tutti si divertono) ed un conto è farlo in maniera offensiva in ambito professionale (oltretutto con una collega nella propria squadra non presente al momento della discussione).

Come esseri umani evoluti prima che come professionisti, dovremmo avere più rispetto, imparare ad usare le parole ed avere una visione di lungo termine nei rapporti di businness (il che vuol dire anche perdonare atteggiamenti non idonei se nei contorni leciti di una discussione professionale).  

Il dirigente in questione non ha solo offeso una collega: ha offeso il genere a cui appartiene, la professionalità della sua classe gerarchica e l’immagine dell’azienda che rappresenta..

Un semplice aggettivo può veramente fare la differenza, qualificando molto di più la persona che lo proferisce piuttosto che quella a cui era rivolto.

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