Smartworking e remote working: così vicini, così lontanti..

Anche se non tutti hanno potuto sperimentarlo direttamente, in tempi di Covid19 anche i sassi hanno imparato cosa vuol dire “lavorare da remoto”.

Molto spesso però si confonde il remote working (lavoro da remoto) con lo smartworking (lavoro intelligente): due soluzioni “vicine” etimologicamente ma “lontane” concettualmente.

“REMOTE” vuol dire che sposto il lavoro dall’ufficio a casa: faccio lo stesso lavoro, con le stesse modalità ma in un “luogo fisico diverso” (che non è il mare… come ci piacerebbe pensare).

“SMART” vuol dire che oltre a poterlo “spostare” fisicamente, lo faccio in modo intelligente (il che rappresenta la vera evoluzione perchè idealmente potrei deliberatamente decidere di andare al mare mezza giornata e lavorare l’altra mezza).

Nello “smartworking” le aziende danno la facoltà alle persone di gestire il proprio lavoro, decidendo in autonomia dove e come organizzarsi (con flessibilità di orario ma sempre garantendo i risultati attesi).

L’intelligenza (smart) non riguarda solo il lavoro (working) ma tutte le figure coinvolte: l’azienda deve essere intelligente nel dare strumenti e fiducia alle persone mentre i dipendenti devono esserlo nella gestione di se stessi e dei propri obiettivi.

Nel remote working si può decidere dove lavorare.. nello smartworking si può decidere se, quando e dove lavorare.

In un certo senso si può dire che il remote working rappresenta la libertà di spostamento mentre lo smartworking rappresenta un concetto di libertà più a 360 gradi (“spazio-temporale” anzichè solo “spazio”).

Lavorare in remote working vuol dire semplicemente spostarsi ma lavorare in smartworking vuol dire essere “psicologicamente” preparati: avere meno vincoli  ma anche un maggiore senso di responsabilità.

Può essere una lama a doppio taglio perchè può rendere liberi ma anche schiacciare le persone (se queste non sono sufficientemente predisposte a lavorare per obiettivi): è un win/win agreement ma richiede un’organizzazione aziendale e personale “differente”.

Quindi mentre il remote working è accessibile a tutti (purchè la tipologia di lavoro lo consenta), lo smartworking richiede specifiche caratteristiche: un mindset adeguato ed un’azienda lungimirante.

In conclusione chi durante il COVID ha lavorato in regime di “remote working” molto probabilmente alla fine della “fase 2” tornerà in ufficio… mentre chi ha avuto la possibilità di sperimentare con successo lo smartworking molto probabilmente resterà “smart”..

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