
Perchè le aziende spingono sul marketing per sopravvivere (l’esempio del “green diesel”)
Perchè le aziende spingono sul marketing per sopravvivere (l’esempio del “green diesel”)
Diesel e green sono un ossimoro difficilmente sostenibile.
Tante aziende che lavorano nel settore petrolifero, all’affacciarsi persistente di concetti quali “ecosostenibilità” e “green economy”, hanno pensato bene di avviare corpose e costose campagne di marketing per la riconversione della propria immagine in accordo alle nuove logiche di mercato.
Peccato che un prodotto intrinsecamente inquinante sia alquanto difficilmente vendibile come ecologico, nonostante gli investimenti in pubblicità (se anche lo colorassimo di verde il petrolio rimarrebbe sempre tale).
Il problema principale è causato dalle logiche di mercato, che richiedono tempi rapidissimi per rispondere alle nuove esigenze e che costringono le grandi aziende a fronteggiare un calo repentino di domanda rispetto ad una situazione che solo un decennio fa garantiva una crescita a doppia cifra.
E’ così che se da un lato c’è un mercato ormai palesemente orientato alla sostenibilità, dall’altro c’è tutta la difficoltà di riconvertire intere produzioni (come per le case automobilistiche è difficile passare da produzioni di motori a combustione interna a motori elettrici, anche per le aziende petrolifere è altrettanto complicato convertire il petrolio all’eolico e via dicendo).
Una riconversione richiede un lunghissimo periodo in cui le aziende devono “sopravvivere” con relativi pochi incassi provenienti da un mercato in ribasso (domanda in diminuzione per i vecchi prodotti) e con la contemporanea necessità di investire massicciamente in ricerca e sviluppo di nuove soluzioni.
E’ evidentemente un’impresa titanica tanto più difficile quanto più le aziende sono partite in ritardo con il proprio adeguamento (adagiandosi nella comfort zone degli alti profitti che il petrolio garantiva negli anni d’oro).
E’ così che per queste aziende poco lungimiranti, la salita appare più difficile e costringe ad azioni discutibili di ristrutturazione e re-branding per dare un colpo di coda e cercare di vendere i vecchi prodotti spacciandoli per sostenibili.
Il problema è che la proiezione della propria immagine aziendale verso che quello che si delinea come il futuro (ovvero la green economy), non si cambia col colore del logo o con le etichette, ma con processi decisionali alla base e “riforme” strutturali che ridefiniscano i modelli di businness ed i prodotti dell’azienda.
C’è troppa fretta di rendere green ciò che intrinsecamente non lo è ed appare evidente come il marketing non possa riuscire a sopperire in pochi mesi quello che richiede anni di sviluppo per una completa riconversione.
Le aziende che per “core businness” non fanno prodotti green, dovrebbero in parallelo sia lavorare sul rendere più sostenibili i vecchi prodotti (ma trattandoli come tali), sia investire in ricerca e sviluppo sui nuovi, con un rapporto incrementale progressivamente sempre più orientato ai nuovi mercati.
Solo così si può costruire una credibilità che è sì costosa ma anche vincente nel lungo periodo.
Difficile per le logiche di mercato, ma necessario per un futuro realmente “sostenibile”.

Alex Ferguson: la mia vita
Alex Ferguson: la mia vita (427 pag.) 07/01/2020
“decisi subito che, per guadagnarmi la fiducia e la lealtà dei giocatori, dovevo prima offrire loro la mia: questo legame è la base su cui si fondano grandi imprese”
Un uomo d’acciaio Alex Ferguson, ma anche una grande personalità e l’unico uomo nella storia del calcio moderno ad essere riuscito a tenere la panchina di un grande club per 26 anni.
Fra alti e bassi, sconfitte e vittorie, è sicuramente una persona che ha saputo rinnovarsi nel corso di tutta la sua lunghissima carriera, pur mantenendo dei punti saldi che ne hanno fatto un riferimento in tutto il mondo.
All’interno della biografia, che più che altro è la cronistoria del calcio inglese e della premier league dal 1987 al 2013, si scorgono tratti di un personaggio meticoloso e duro ma al contempo sempre pronto a difendere non solo i valori del club che rappresentava ma anche tutti i membri che lo componevano.
Scozzese di nascita e cresciuto nei quartieri umili di Glasgow, sulle origini dei suoi giocatori diceva: “le radici non dovrebbero mai essere un ostacolo per il successo ed un’origine modesta può essere un vantaggio piuttosto che una difficoltà”.
Alcune delle frasi all’interno del libro sono sintomatiche dei suoi stati d’animo e spiegano molte delle sue scelte in campo e fuori:
- “Allenare significa affrontare una serie infinite di sfide, la maggior parte di esse ha a che vedere con la fragilità dell’essere umano”
- “Una qualità che avevo era che sapevo prendere una decisione, semplicemente sapevo decidere sempre”
- “sul campo di battaglia non sei la stessa persona che sei in chiesa”
Un approccio pragmatico quello di “Sir Alex”, duro con gli avversari ma contemporaneamente benevolo verso i suoi giocatori ai quali non faceva mancare carota e bastone in egual misura:
- “se un giocatore mi chiedeva un giorno di permesso doveva esserci un buon motivo: se c’era un problema volevo contribuire a trovare una soluzione”
- “proteggere i giocatori era il mio lavoro.. non potevo mettermi contro i miei giocatori, dovevo trovare soluzioni alternative: a volte dovevo multarli o punirli ma non l’avrei fatto mai al di fuori dello spogliatoio”
E se da un lato appare difensivo, dall’altro teneva ben saldo il timone:
- “l’unica cosa che non avrei mai permesso era la perdita del controllo perchè il controllo era la mia salvezza”
- “sapevo che nel momento in cui un giocatore avesse provato a prendere il controllo della squadra, allora saremmo stati spacciati… nel momento in cui minacciano la tua autorità allora devi sbarazzarti di loro”
Nonostante il carattere duro e spigoloso, apprezzava comunque le personalità “eclettiche”:
- “nonostante dessi l’immagine di uno che pretendeva sempre obbedienza, mi piacevano le persone con un pizzico di impertinenza: davano freschezza all’ambiente e c’è bisogno di un po’ di sicurezza ed energia.. se sei circondato da persone che hanno paura di esprimersi, avranno la stessa paura anche sul campo, durante le partite e nei momenti importanti”
Ferguson ebbe un rapporto abbastanza duro anche con la stampa, di cui diceva:
- “non ho mai avuto confidenza con i giornalisti.. mi ero guadagnato molte prime pagine nel corso degli anni.. devi accettare che se ti chiamano genio probabilmente non avranno problemi a darti del pazzo”
- “quello che conta è vincere, non mostrarsi intelligenti in un’intervista”
Sulle sconfitte:
- “A volte le sconfitte sono il risultato migliore e reagire alle circostanze avverse è una qualità: se ti limiti a subire le scofitte puoi star certo che continueranno ad arrivare”
- “dopo che avevo detto la mia sulla sconfitta nello spogliatoio dicevo a me stesso “dimenticale, è passata”… quando le gente veniva nel mio ufficio dopo una sconfitta mi assicuravo sempre che ci fosse una bella atmosfera, nessuna tristezza, nessuna recriminazione contro l’arbitro”
A chi nel corso della lunga carriera lo accusava di essere cambiato diceva “se sono cambiato è perchè oggi non è ieri… non sarei riuscito a sopravvivere se non fossi cambiato”.
Sul punto del ritiro definitivo diceva: “le corse, i libri ed i vini mi hanno insegnato a staccare.. a 70 anni se non ti mantieni attivo crolli velocemente”.. “devi avere qualcosa da fare quando ti ritiri e da fare subito, non dopo una vacanza di tre mesi”… “con l’età devi gestire le energie, mantenerti in forma: la gente dovrebbe curare il proprio fisico ed alimentarsi correttamente”.
In tutta la sua carriera, nel suo modo di allenare ma anche di affrontare gli avversari ha sempre ricorso ad una fine psicologia:
“dire che finivamo sempre la stagione con un ritmo più alto portava alla convinzione che questo si avverasse: il concetto si insinuava nella mente dei giocatori e diventava un tormento per gli avversari: era una profezia autoavverante”.
Negli ultimi 15 minuti indicavo sempre l’orologio.. era una strategia.. non facevo caso al cronometro ma contava l’effetto che aveva sulla squadra avversaria: tutti sapevano che il Manchester aveva talento nel segnare negli ultimi 20 minuti e questo gesto spaventava gli avversari”.
“c’è una dimensione psicologica anche nella gestione dei giocatori… nel caso abbiano atteggiamenti sbagliati è utile cercare di guardare le cose anche con i loro occhi: sei stato giovane anche tu, per cui mettiti nei loro panni”
“se mi confrontavo con un giocatore che aveva avuto un rendimento basso dicevo “hai giocato una partita orrenda” ma poi aggiungevo “per un giocatore della tua abilità”… criticavo ma controbilanciavo con l’incoraggiamento…” perchè fai così? Sai fare di meglio..”

Perchè non dovresti aspettare ad aprire una buona bottiglia..
Questa bottiglia di Sautern mi è stata regalata da una persona con cui ho avuto a che fare anni fa per la costruzione della mia casa.
Dice sia una bottiglia piuttosto “pregiata” (almeno per il mio livello basico di consapevolezza su vini ed affini..) e che sia particolarmente adatta ad essere degustata in abbinamento con un pasto a base di formaggi.
E’ una bottiglia alla quale ho inevitabilmente associato ricordi importanti e per molti anni (e la storia va avanti ancora come potete notare dal rigoroso sigillo ancora presente sul tappo), ho aspettato ed aspettato l’occasione giusta per aprirla.
Un occasione che non arrivava mai, non solo per la particolarità del vino stesso (non molto spesso faccio pasti a base di formaggi”), ma anche perchè nella mia incoscienza non trovavo mai un’occasione “particolarmente adatta” per poter dare alla bottiglia l’importanza che ritenevo meritasse.
Il risultato è che dopo molto tempo, la bottiglia è ancora lì intatta, a troneggiare in mezzo a molte altre bottiglie che invece vengono aperte regolarmente durante cene con amici di assoluta rilevanza.
A guardare bene in dispensa, la stessa fine è toccata ad una bottiglia di Amarone riserva, comprata ben 15 anni fa ed ancora fieramente presente in cantinetta..
Ogni volta che arriva un momento papabile, tendo a rimandare pensando che la bottiglia sia troppo importante o che l’occasione non lo sia abbastanza.
Visto che si tende inevitabilmente a perpetrare gli errori familiari, se non deciderò presto di aprirla andrà a finire come è finita a mio padre che aveva iniziato a collezionare bottiglie del 1977 mai aperte (ed ora diventate inevitabilmente aceto).
Una buona bottiglia dovrebbe essere sempre degustata per prima… alla prima occasione e non per un occasione importante che non verrà mai.
Rimandarne l’apertura vuol dire proiettare l’aspettativa di una grande occasione più in là nella linea temporale, rinunciando a riconoscere che c’è sempre un valido motivo per “sbocciare”, festeggiare ed in definitiva per “vivere”.
Aprire una bottiglia tempestivamente è come vivere nel presente ed assaporare la vita giorno dopo giorno: non sai mai se e quando potrai degustarla per cui vale la pena di viverla nell’istante, di godersela fino all’ultima goccia per poi lasciarla inevitabilmente andare via velocemente, conservandone il ricordo e brindando alla prossima “buona occasione”.
Una bottiglia di vino è come la felicità: non devi proiettarla in un domani tanto incerto quanto potenzialmente deludente.. se stai bene con te stesso e sei in salute questo dovrebbe già essere sufficiente per rendere il presente “l’occasione giusta”.

PNL applicazioni di I.Moretti e V. Palma
PNL: applicazioni (come attivare e diffondere risorse)
05/01/2020 (voto 5/10)
Un trattato che rappresenta un’infarinatura sulle tecniche della programmazione neuro linguistica (PNL), la scienza che parte dall’analisi dei processi della mente umana e si propone di modificarli per raggiungere relazioni di successo.
Un testo fra il teorico ed il tecnico che non entra troppo in dettaglio ma che fornisce concetti base di questa tecnica sempre più attuale, in un mondo interconnesso dove l’interazione fra le persone diventa sempre più importante.
La PNL tratta tematiche riguardanti la riprogrammazione della mente come oggetto attraverso il quale percepiamo la realtà: alla base c’è una profonda analisi del rapporto dell’essere umano con il mondo esterno e con il mondo interiore, in un intreccio che mette al centro l’uomo come artefice unico dell’efficacia in ogni tipo di relazione sociale.
Il libro parla di strumenti e strategie di applicazione che hanno come contenuti:
- La progettazione del cambiamento (analisi dello stato presente e di quello desiderato, mappa degli obiettivi, decisioni)
- Le tecniche per il cambiamento (analisi di se stessi e dei propri interlocutori, flessibilità e versatilità come requisiti fondamentali, test di verifica/feedback e conseguenti azioni)
- Il rapporto con il tempo (la temporalità individuale e di gruppo, la percezione linea del tempo e la sua gestione)
- L’apprendimento continuo (i diversi tipi di conoscenze, il processo formativo, le convinzioni e la concezione di sè)
- Le aree ed i modelli per l’intervento (comportamenti, valori, credenze e mentalità, campi di utilizzo ed esperienze di applicazione)
- Il “rapport” (relazione, realizzazione e connessione, dinamiche comunicative nelle organizzazioni aziendale e fra gruppi)
Un testo che esplicita alcune tecniche per lavorare su caratteristiche interpersonali quali empatia e comunicazione assertiva.

Perchè il 2020 non sarà migliore del 2019 ..
Parto da un’esperienza personale in cui il 2019 è stato un anno bello ma molto difficile.
E’ stato un anno dove ho dovuto metabolizzare un sacco di fallimenti non riuscendo nel contempo ad aver fatto niente degno di “memoria”.
Eppure il 2019 ha avuto un suo ruolo ed una sua importanza: mascherato come un anno inconsistente e privo di elementi “rimarchevoli” o significanti “variazioni” (obiettivo di un’ostinata ossessione personale ma anche figlia del nostro tempo), è stato un anno di riflessione.
Tendiamo a non considerare l’importanza dei nostri momenti “no”, momenti in cui apparentemente ci sembra di non aver progredito, di non aver aggiunto niente alla nostra vita o di aver “frullato a vuoto” (cosa che a dire il vero a me sembra di fare spesso anche quando sono convinto di aver realizzato qualcosa).
E’ così che riponiamo tutte le nostre aspettative “nell’anno che verrà”, il che è come spostare la nostra speranza e buttarla un anno più avanti (per poi ritrovarci puntualmente a fare lo stesso tipo di considerazioni per l’anno ancora successivo).
E’ esattamente così che la nostra vita passa veloce e la sensazione di insoddisfazione aumenta con l’aumentare dell’età e quindi inevitabilmente anche dei nostri acciacchi fisici e mentali.
Gli anni che classifichiamo come “no” (come se poi ci fosse un limite temporale che definisce i nostri momenti negativi da quelli positivi), sono anni che dovremmo prendere come una benedizione e non come la dimostrazione di un fallimento: nel 2019 ho imparato molto più di me stesso che nei 5 anni precedenti, ho imparato a fare un po’ di ordine nell’enorme caos di una mente iperattiva (che mi accompagna con alterni successi da una vita)… ho avuto il tempo di coltivare passioni che avevo completamente trascurato e di analizzare quelli che sono ancora grossi limiti alla mia realizzazione personale.
E’ stato un anno dove sono riuscito a contemplare di non essere bravo come pensavo in moltissimi aspetti, di aver bisogno di dare più che di ricevere, di dover fare ancora molta strada nell’educazione di mio figlio (e della mia famiglia in generale) identificando alcuni delle miriadi di punti su cui “lavorare”.
Per questo il 2020 non sarà migliore del 2019… il 2019 a rivederlo bene è stato un anno di incredibili rivelazioni che forse hanno preprarato il terreno per un impegnativo 2020 dove dalla constatazione sarò costretto mio malgrado a passare “all’azione”: un’azione controllata, guidata da consapevolezza e non dettata dall’emozione del momento.
La strada per fissare il pensiero sulle cose realmente importanti è ancora lunga ed è superficiale assegnare au un anno piuttosto che ad un altro la “responsabilità” delle cose belle come delle cose brutte.
D’altronde il titolo di questa riflessione porta di per sè fuori strada: al di là di quelle che sono le aspettative, nessuno di noi può sapere come sarà “l’anno che verrà”… non sapremo se sarà compiuto o meno, non abbiamo una ricetta o delle soluzioni per tutte quelle cose che ci aspettano (e di cui non conosciamo l’esistenza).
Quello che possiamo solo sperare è di aggiungere elementi alla mappa di noi stessi, conoscendoci di più, focalizzandoci sui nostri obiettivi e sulle cose che riteniamo veramente importanti e cercando di anticipare così le nostre reazioni a ciò che è ineluttabilmente (e meravigliosamente) imprevedibile.
In definitiva gli anni in più dovrebbero servire proprio a questo: a costruire un mattoncino in più di una consapevolezza che può aiutarci in qualsiasi situazione, indipendentemente da quello che succederà…. nell’anno che verrà…

Non perderti in un bicchier d’acqua di Richard Carlson (04/01/2020)
Ogni volta che dobbiamo affrontare una brutta notizia, una persona difficile o una delusione qualsiasi, per abitudine tendiamo generalmene ad esagerare, a gonfiare le cose ed a concentrarci solo sugli aspetti negativi dell’esistenza.
Questo libro si propone di provare a “resettare” il nostro atteggiamento, cercando di ridimensionare la realtà delle cose e provando ad apprezzare il presente ed a viverlo nel migliore dei modi come “unico tempo certo” sul quale vale la pena investire.
Attraverso una serie di esempi, esercizi e buone pratiche, l’autore ci guida verso nuove consapevolezze, suggerendo modi e metodi per affrontare noi stessi e cambiare la nostra vita modificando approccio ed “abitudini”.
Partendo dalla inevitabilità del passato (dal quale evidentemente non possiamo far altro che prendere le distanze cercando di non farsi condizionare) e dalla variabilità del futuro (sul quale non abbiamo nessuna certezza), dobbiamo concentrarci sugli aspetti che possiamo tenere sotto controllo come il nostro atteggiamento mentale e la nostra visione della realtà.
Dal libro emergono considerazioni e consigli solo superficialmente scontati come:
- non prendersela per le piccole cose (astenersi dal “perfezionismo”)
- mettersi nei panni degli altri e rinunciare al proprio “ego” ed alle proprie “aspettative”
- essere più paziente, esercitarsi a calmare la mente ed abbassare la nostra soglia di stress (la vita non è una “emergenza”)
- essere più flessibili e cambiare il nostro modo di affrontare i problemi
- saper dire di no, riuscire a prendersi “i propri spazi” e “seguire l’intuito”..
La vita dovrebbe essere vissuta con maggiore leggerezza, imparando a vivere nel presente e riflettendo profondamente sull’ineluttabile evidenza che non siamo eterni (e che fra cento anni qualsiasi cosa ci succeda non avrà l’importanza che gli diamo).
Un corposo capitolo è dedicato al “donare agli altri”: fare qualcosa di gentile ogni giorno, praticare atti di generosità (come fare un’adozione a distanza o scrivere lettere di apprezzamento), avere gratitudine ed imparare a ringraziare, coltivare “riti di cortesia” e fare in modo che la solidarietà diventi parte integrante della nostra vita sono tutti elementi funzionali a perseguire uno stile di vita nuovo al quale possiamo aspirare solo evitando di “perdersi in un bicchier d’acqua”…
Buona lettura…

Perchè a volte non dovresti rispondere al telefono..
Rispondere al telefono, essere sempre reperibili, affannarci, stare dietro al ritmo frenetico della vita è diventato un must… qualcosa da cui non possiamo assolutamente sottrarci.
In un mondo sempre più “demanding” siamo diventati macchine da impegni “inderogabili”: qualsiasi cosa facciamo dobbiamo farla al massimo, di corsa, con efficacia e con il minimo impatto sugli altri.
Ogni cosa è una continua rincorsa finalizzata ad inzeppare le nostre giornate fino a scoppiare.
In tutto questo c’è l’ansia di dover essere sempre reperibili, di dover rispondere non solo a noi stessi ma anche a capi, mogli, figli, amici e persone che a vario titolo gravitando nella nostra vita…
Il concetto di inderogabilità è però relativo alla nostra percezione delle cose… a come pensiamo di sentirci giudicati se ce ne sottraiamo o al nostro bisogno di controllo sulla vita e su tutti i suoi aspetti.
Il fatto è che non pensiamo mai al nostro ruolo nel mondo, alla nostra provvisorietà ed al fatto che senza di noi le cose andrebbero avanti lo stesso.
Penso sia capitato a tutti nella vita un imprevisto per il quale non siamo stati in grado di ottemperare ad un qualche impegno… magari una ruota bucata, una febbre improvvisa o un qualsiasi contrattempo che non ci ha consentito di rispettare la rigida scaletta che ogni giorno ci diamo… che cosa è successo in quelle occasioni?
Probabilmente i vostri figli saranno andati a scuola lo stesso, il vostro capo avrà fatto a meno di voi o avrà rimandato al giorno successivo quel lavoro che avreste dovuto fare… probabilmente avrete mangiato lo stesso per cena o vostra moglie/marito non avrà patito troppo la vostra assenza.
Siamo abituati a pensare che siamo indispensabili e che il nostro sia l’unico modo di concepire la vita eppure il mondo è pieno di imprevisti, di cose che non vengono fatte e di persone che sopravvivono anche senza essere completamente soffocate dagli impegni.
Rallentare la nostra percezione non è per niente facile: richiede prima di tutto un totale autocontrollo, una visione più distaccata ed in definitiva anche una buona capacità di lasciar correre e di rinunciare alla perfezione.
Anche nel rapporto con gli altri dovremmo essere meno pretenziosi verso noi stessi e rinunciare a tendere la mano quando siamo impossibilitati a farlo o quando questo ci complica ulteriormente le cose: questo non è un invito a non aiutare il prossimo quando realmente serve ma semplicemente a scremare e filtrare le richieste in modo che esse non siano un ostacolo per noi (e non ci tolgano inutilmente tempo ed energie).
Un esempio classico sono le telefonate: riceviamo telefonate in continuazione di cui la maggior parte o non sono necessarie o aumentano l’entropia delle nostre giornate.
Non rispondere ad alcune telefonate è una scelta di libertà che consente di razionalizzare il nostro tempo, non farci distrarre e riuscire a completare i nostri compiti più velocemente.
Anche se è difficile non rispondere ad una chiamata, tanto più si riesce a farlo, tanto più guadagnamo tempo: le persone che non avranno effettivamente bisogno di noi cominceranno a cercarci meno (non fate troppo affidamento che lo facciano mogli o mariti) e noi eviteremo di farci disturbare e distrarre mentre facciamo altre cose.
Come per le email, prendere l’abitudine di richiamare in precisi momenti della giornata (dedicando il tempo necessario in non più di un paio di frangenti) aiuta a filtrare le richieste ed a razionalizzare il tempo.

Sylicon Valley
di E. Chioda e T. Tripepi pag.368 (31/01/2020)
Libro interessante per conoscere il mondo delle start up e dei venture capital.
Trattazione schematica e tecnica ma con molte testimonianze di italiani che hanno fondato aziende nella silicon Valley.
Non mancano i racconti sulle star come Google, Facebook &Co e sulle storie dei loro fondatori.
Ottima anche la parte relativa ad incubatori ed università che da sempre supportano il processo di creazione e finanziamento delle start-up di oltreoceano.
Consigliato per chi vuole farsi un viaggio in California e vedere quel mondo dove “le cose funzionano”

Perchè leggere sarà una delle chiavi nel mondo di domani
Dopo la laurea in ingegneria ed anni passati sui libri, leggere è stato per molto tempo una delle cose meno attraenti da fare in assoluto…
Dopo aver passato la mia prima parte della carriera a correre e rincorrere nella malefica quanto affascinante trappola del criceto (quella che ti tiene 12 ore al giorno inchiodato a lavorare per almeno 5 giorni su 7), ho riscoperto la lettura non solo come momento di svago e di pausa ma come momento di incredibile accrescimento personale.
Qualsiasi persona voglia raggiungere dei risultati nel 2020 (qualsiasi essi siano), deve imparare a fare fondalmente due cose:
- Sapersi prendere delle pause per essere più fresco, lucido e creativo
- Essere informato ed aggiornato sugli argomenti relativi ai propri interessi
La prima è fondamentale per riuscire a ridimensionare i problemi, avere una visione più realistica del mondo ed entrare in sintonia con se stessi (e quindi con gli altri)
La seconda è altrettanto importante per riuscire ad avere argomenti e comunicare con le persone con cui condividiamo la nostra vita e le nostre passioni.
Leggere racchiude entrambe queste due cose e rappresenta davvero un qualcosa che ha un valore inestimabile in un mondo sempre più veloce ma anche sempre meno “informato”.
La lettura ti connette prima con te stesso (prendi del tempo per te, ti distacchi dai problemi della vita quotidiana, ti rilassi e ti ritrovi negli argomenti che più ti piacciono) e poi con gli altri (maturi interessi e conoscenze nuove, prendi spunto ed ispirazione per introdurre novità nella tua vita e ti armi di strumenti di conversazione estremamente potenti).
Leggere ti dà la possibilità di spaziare, di aprire porte che nel mondo lavorativo difficilmente ti saranno aperte: ti consente di concentrarti su quello che effettivamente conta per te e ti mette in condizione di poterlo condividere con gli altri.

La vita è una questione di tempismo..
Scegliere i tempi giusti nella vita è fondamentale… cambia radicalmente l’esito del nostro futuro e di quello che saremo.
Avere tempismo vuol dire fare la cosa giusta al momento giusto o mettersi nelle condizioni di “essere la persona giusta al momento giusto”.
La maggior parte di noi, presa dalla frenesia della vita, non considera questo importante aspetto che invece fa tutta la differenza del mondo: tutti corriamo a rincorrere qualcosa che molto spesso va solo aspettato.
Ci hanno inculcato il mito dell’andare di corsa quando in realtà quello che è necessario fare è camminare a passo spedito (ma non di corsa) ed osservare…
E come il criceto nella ruota noi puntualmente ci caschiamo pensando che più corriamo e prima raggiungiamo i risultati che vogliamo ottenere (che nella maggior parte dei casi o non riusciamo a definire o che puntualmente ci sfuggono).
Quello che siamo oggi è frutto di circostanze od occasioni che sembrano essere imputabili al caso ma che in realtà sono funzione del tempo in cui abbiamo fatto determinate scelte.
La stessa foto scattata al mattino non dà gli stessi risultati che alla sera: anche se il paesaggio ed i soggetti sono uguali, la luce della sera distorge la realtà e fa sembrare le persone molto più alte di quello che in realtà sono… questa distorsione frutto di un “tempismo” può portare le persone stesse a sentirsi più alte, collocandole su un livello di energia diverso che a sua volta scatena reazioni diverse e fa evolvere situazioni e circostanze in modi che potrebbero sembrare inaspettati.
Il tempismo può rendere una foto diversa facendola passare da banale a “candidabile per un concorso”.. può cambiare i soggetti o la percezione degli stessi.
Cercare di osservare, muoversi silenti, imparare ad aspettare mentre si esplorano nuove possibilità sono competenze che ci preparano a saper identificare “il tempo giusto” in cui fare determinate scelte.
E se scegliete di ritrarre soggetti in grande, non abbiate fretta: abbiate la pazienza di aspettate la sera.