Resistenza al cambiamento

“Niente è tanto costoso, difficile ed inutile come cercare di impedire che un cadavere puzzi” è un proverbio in campo medico che ha a che fare con la resistenza al cambiamento.

Può riguardare:

– l’inerzia nel rimettere a posto il garage

– la propensione a rimandare decisioni difficili

– la tendenza a mantenere lo status quo

– la determinazione a non rimettere in discussioni posizioni acquisite (magari valide un tempo ma non più applicabili).

La resistenza al cambiamento può avere costi molto alti.. così come non cambiare un prodotto, un servizio, una strategia quando l’unica ragione valida a sostegno del mantenimento è il basso costo, l’inerzia o il mantra “abbiamo sempre fatto così (e funzionava)”…

Buttare via il vecchio per fare spazio al nuovo non è cosa facile… ma è un esercizio essenziale per essere “agili”, pragmatici ed efficienti.

…e se non si riesce a fare pulito da subito delle situazioni difficili… si può sempre cominciare dal garage..

#aforismi #management #tips

Semina come un artista (#7/2021)

di Austin Kleon pag. 213 21 Gennaio 2021

Avete mai pensato ad un manager come ad un artista?

L’artista comunica, usa diversi linguaggi e parla alle persone muovendo corde difficilmente accessibili, con l’effetto di riuscire potenzialmente a spingerle all’azione.

Il suo scopo principale è quello di ispirare, produrre risultati eccezionali ed essere di esempio per chi lo segue..

Un pittore fa venire voglia di dipingere, un cantante di essere una rock star, un direttore d’orchestra di creare sinfonie di gruppo ed un attore di emulare la sua rappresentazione (a chi non è mai venuto in mente di fare il pugile dopo aver visto Rocky?!?)

Un artista rappresenta quindi una fonte di ispirazione proprio come dovrebbe esserlo un leader od un amministratore delegato..

Come un manager, un artista deve riuscire a far arrivare il suo messaggio ad una pluralità di persone diverse, facendo leva sulle emozioni e spingendoli a seguirlo nel suo cammino…. e come un artista, un manager può scegliere il suo stile ed il suo modo di comunicare..

“Semina come un’artista” contiene indicazioni per essere un bravo artista e comunicare efficacemente… indicazioni che possono essere moto utili per manager che della comunicazione dovrebbero farne una priorità..

Le squadre di lavoro più efficienti non si motivano con gli incentivi: si incentivano con i problemi..

Quale è quella cosa che riceve una moneta e fa un lavoro d’eccellenza?

La gettoniera di una lavanderia automatica..

E cosa hanno in comune l’essere umano ed una gettoniera? Niente…

Quali sono le cose che nella vostra esperienza lavorativa vi hanno elettrizzato maggiormente?

Le esperienze sfidanti: il superamento di problemi o la risoluzione di casi in cui nessun altro era riuscito prima.

Per quanto possa sembrare insormontabile un problema, se affrontato con le condizioni giuste (ambiente positivo, fiducia, gioco di squadra) è quello la chiave per la soddisfazione personale..

E questo è il motivo per cui le aziende dovrebbero investire risorse economiche in ambienti competitivamente sani… invece di distribuire incentivi economici che hanno un valore molto ridotto nel tempo..

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Non è una questione di soldi…

La maggior parte degli esseri umani funziona ha più o meno le stesse caratteristiche di base…

Se chiedete a chiunque dei vostri colleghi quali sono stati i momenti più elettrizzanti delle loro carriere molto probabilmente nella maggior parte dei casi vi riferiranno esperienze…

Non promozioni o incentivi: esperienze..

Poi chiaramente si ricorderanno anche di eventuali promozioni a seguito di quelle esperienze… ma è un fattore di secondo grado che non condiziona se non in minima parte il ricordo.

Mediamente ogni persona adulta che cerca realizzazione nel proprio lavoro ha la necessità di arrivare al lavoro e vedere i frutti di quello che fa.

Pochissime eccezioni accettano di passare un terzo della propria giornata in cambio di un corrispettivo economico senza dare importanza a tutto il resto.

Una persona adulta media ha bisogno di autonomia, fiducia e consapevolezza di poter fare la differenza.

Per questo le logiche di ricompensa sono poco efficienti; se si incentivano i dipendenti dando un corrispettivo economico X affinché svolgano il lavoro Y si rende il sistema estremamente ed il rischio è quello di considerare come la gettoniera di una lavanderia automatica: qualcosa di meccanico che risponde ad uno stimolo meccanico di qualcosa di estremamente freddo come una moneta…

Ma gli uomini non sono gettoniere ed a meno che non si voglia renderle tali, quello che bisognerebbe evitare è dirgli come svolgere il proprio lavoro per poi pagarle con una moneta.

L’uomo non è una macchina: ha bisogno di esperienze, di socialità positiva e di sfide che lo mettano in grado di sfruttare il massimo delle proprie potenzialità.

Paradossalmente, avendo curato molto l’aspetto della cultura aziendale ed avendo costruito un ambiente aperto ai feedback ed alle collaborazioni, è meglio sottoporre alle persone sfide e grattacapi da risolvere piuttosto che assegnargli lavori ripetitivi incentivati economicamente…

L’uomo è nato per creare, per costruire e per risolvere: qualsiasi cosa che non va in questa direzione, anche se ben remunerata, è destinata a renderlo un professionista infelice.

Le eccezioni a questa regola sono molto rare (ed in quel caso quella tipologia di persone sarebbe perfetta per svolgere i lavori meccanici.. a patto che nel prossimo futuro vi siano ancora rimasti posti che non siano stati sostituiti da robot)

“Chi procede molto lentamente può arrivare più lontano di chi ha troppa fretta”

A chi è capitato di aver preso una decisione troppo alla svelta?

Noi e le nostre organizzazioni siamo ossessionati da velocità e multitasking… nonostante a riguardo di quest’ultimo, ricerche e studi scientifici ne abbiano dimostrato la totale inefficacia.

Cartesio già 400 anni fa sosteneva il motto “chi va piano va lontano”, in perfetta antitesi con quel concetto di “azione immediata” che è troppo spesso considerato l’unica via per prendere decisioni rilevanti ed ottenere risultati.

Spesso scambiamo erroneamente la riflessione con l’indecisione e l’immediatezza con la risolutezza… trovandoci a 40 anni a dover mettere in discussione scelte prese troppo velocemente quando ne avevamo 20.. (cercando di convincerci che comunque ci è servito ma realizzando che avremmo avuto almeno 20 anni di tempo per pensarci meglio..).

L’ossessione della velocità imposta può portare al rischio di imboccare una strada sbagliata.. laddove sarebbe preferibile non farsi prendere dalla frenesia di “fare” ma fermarsi a riflettere e ad analizzare a fondo contesto e condizioni al contorno… spendendo il tempo necessario per riuscire a prendere decisioni qualitativamente migliori…

Il più grande venditore del mondo (#6/2021)

Di Og Mandino  Pag 123  17 Gennaio 2021

Una storia che attraverso dieci principi ed una narrazione accattivante mette in luce i “segreti” del più grande venditore del mondo.

“Non ha importanza quello che siete oggi: chiunque può cambiare la propria vita con l’inestimabile saggezza dei dieci antichi rotoli tramandati per migliaia di anni”

La regola dei 5 secondi (#5/2021)

Di Mel Robbins   pag. 240  15 Gennaio 2021

5,4,3,2,1… azione

5 secondi sono sufficienti (e necessari) per prendere una decisione: quella di agire e non farsi bloccare dal pensiero razionale.

“A livello razionale sappiamo cosa dovremmo fare, eppure, prima ancora che ci rendiamo conto di cosa sta succedendo, le emozioni prendono il sopravvento decidendo al posto nostro”

Il libro suggerisce di imparare a prendere il controllo delle emozioni, innescando l’azione entro 5 secondi ed evitando di farsi paralizzare dai se ed i ma che subentrano con il pensiero.

Una teoria che non è applicabile per tutto ma che è utile per la maggior parte delle cose quotidiane (che ogni giorno ci impegniamo a fare ma che per diversi motivi non riusciamo ad iniziare o portare a termine).

La regola dei 5 secondi è un metodo valido per le decisioni semplici… ma è da evitare per decisioni importanti che richiedono una riflessione più approfondita (ed in cui “l’impulsività” dei 5 secondi può essere controproducente).

Sforzarsi incredibilmente o “imparare a disimparare”?!?

Ci sono due modi per ottimizzare la propria “performance” o massimizzare i risultati in una disciplina..

Spesso si pensa che l’unico modo possibile sia quello che necessita l’applicazione di uno sforzo straordinario (di acquisizione di competenze, di approfondimento e di maniacale controllo di ogni dettaglio).

In realtà alcuni studiosi ritengono che molte delle caratteristiche che servono per rendere al meglio siano già nel nostro corredo genetico e che, piuttosto che sforzarsi di imparare razionalmente, sarebbe molto più efficace liberare un potenziale già disponibile.

E’ chiaro che per raggiungere veramente dei risultati “eccellenti” sino imprescindibili impegno e fatica… ma alcune ricerche sostengono che la maggior parte di noi impieghi l’80% delle energie in maniera inefficace.

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Molti autori e ricercatori sono accaniti sostenitori della presenza di due “sé”: uno razionale (che segue le regole e che cerca di imparare dai “manuali” per perfezionare una disciplina) ed uno istintivo (che impara dalle immagini e che sembra essere contro intuitivamente molto più saggio del primo).

Il primo sé è quello che tende al giudizio: giudica noi e le nostre azioni in continuazione, cercando di cambiarle e di dargli una direzione che ritiene razionalmente giusta (ma spesso condizionata dall’esterno).

Il secondo sé è quello del talento: un sé che sembra avere già un corredo di informazioni sufficienti che aspetta solo di essere liberato (o quantomeno “non ostacolato”.)

La parte interessante di questa teoria è che se riuscissimo a mitigare gli effetti del primo, potremmo riuscire a far esprimere al meglio il secondo, evitandoci sforzi immani ed altrettante frustrazioni.

Un esempio lampante sta nell’osservazione del comportamento dei bambini, che imparano istintivamente a camminare senza che gli si spieghi come farlo (o senza che abbiano manuali su cui andare a vedere come si alza la gamba posteriore, come si solleva il ginocchio o su come fare leva sul per sollevarsi..).

Per imparare a camminare non leggono libri, non giudicano i propri tentativi ma si limitano ad osservare quello che fanno gli altri… ed inconsapevoli di come si acquisisce il controllo dei muscoli a livello neurologico, semplicemente ad un certo punto iniziano a camminare (o ad apprendere velocemente un’altra lingua o ancora a fare cose che ad un adulto richiederebbero sforzi enormi).

E’ come se nei bambini il sé istintivo prevalesse sul sé razionale, accelerando l’apprendimento e la massima espressione delle potenzialità intrinseche dell’essere umano.

Ormai siamo talmente abituati a non sorprenderci più di questo fatto, che abbiamo perso interesse nell’investigare come mai crescendo diminuiscono le nostre capacità di apprendimento istintivo… pensando che sia una cosa “normale” e non concentrandosi sulla ragione per cui questo “rallentamento” avviene.

A partire da una certa età, sembra che il sé razionale cominci a giudicare quello che facciamo cercando di correggerlo anziché osservarlo asetticamente: l’atto del giudizio spinge al pensiero… ed il pensiero porta ad un tentativo di correzione che però sembra essere più un freno che un vantaggio.

E’ come se la razionalità rappresentasse una sorta di distrazione, interrompendo un flusso di pensiero ed azione che da solo porterebbe ad un risultato migliore..

Quello che succede, secondo gli studiosi, è che la mente razionale comincia a giudicare un evento (ad esempio una prestazione mediocre), per poi identificarsi definitivamente con lo stesso e generare infine una profezia auto avverante.

Un effetto collaterale di questa evidenza è riscontrabile nelle nostre attività quotidiane.

Chi pratica sport lo ha sperimentato sicuramente molte volte: ci sono “giornate di grazia” e giornate in cui la palla o le gambe non girano… ma mentre le nostre capacità sono teoricamente abbastanza invariate da un giorno ad un altro, sembra che le nostre prestazioni differiscano notevolmente.

Alcuni sostengono che l’origine sia sempre attribuibile al “sistema di giudizio” del sé razionale.. che a volte prevale su tutto il resto condizionando la prestazione.

Una possibile azione di mitigazione per questo fenomeno è quella di provare a “disimparare” e a lasciare maggiore spazio al “sé istintivo”, lavorando affinché il sé razionale non tenda a giudicare ed a reprimere quella parte che naturalmente è portata all’apprendimento veloce (e che si sopisce, ma non scompare, con l’avanzare dell’età).

Per gli scettici di queste teorie, un altro esempio che va nella direzione delle tesi proposte è quello che potrebbe definirsi il “successo dei non esperti”.

Il mondo professionale è pieno di aziende fondate da giovanissimi: individui che senza le regole imposte dall’esterno, utilizzando molto più il sé istintivo del sé razionale, hanno re-inventato interi business e creato nicchie che poi si sono espanse globalmente fino a cambiare intere culture (ricordiamoci che oggi la nostra vita è notevolmente condizionata da dinamiche innescate da esperimenti irrazionali come quelli di Apple, Microsoft, Google e Facebook: tutte realtà nate in garage da persone che di computer, tecnologia e sociologia sapevano ben poco).

In tutti i casi sopra citati, il punto di partenza è stato l’intuito.. disimparando regole e schemi ritenuti validi e che sono poi stati superati e ricostruiti in modi che non si pensavano immaginabili.

Che si creda o no alla presenza di un sé razionale e di un sé istintivo, rimane comunque incontrovertibile il fatto che siamo costantemente limitati dalle nostre convinzioni e dal nostro modo di vedere le cose: viviamo in un mondo di esperienze pregresse e di giudizi che spesso frenano ogni azione volta al cambiamento (cambiamento che avviene troppo spesso “solo quando non abbiamo altre alternative”).

Accettare teorie che possono sembrare “irrazionali”, è difficile e faticoso perché presuppone l’allontanarsi da una mentalità sviluppata in anni di studio e di esperienza condizionata da schemi consolidati…. viceversa non accettarle impone però un assorbimento di energie enorme anche per ottenere risultati ben inferiori all’eccellenza.

Coltivare il sé istintivo e mitigare gli effetti di quello razionale è un esercizio che si può fare (per approfondimenti sul “come”, ci sono testi interessanti come “Inner game” di Tim Gallwey) e che può portare alla realizzazione di quello che facciamo senza troppi sforzi e con molte meno frustrazioni.

Tutto ovviamente a patto di non voler raggiungere “l’eccellenza”… che richiede il massimo sforzo sia del sè istintivo che di quello razionale…

Per approfondimenti:

Inner game di Tim Gallwey

Pensieri lenti e pensieri veloci di David Kahneman

Le 21 leggi fondamentali del leader (#4/2021)

Di John C. Maxwell   pag. 218   14 Gennaio 2021

La parola leadership è abusata, spesso fraintesa e generalmente ritenuta un concetto per pochi.

Ma la leadership si applica in ogni campo della vita ed ha a che fare molto più con il modo di relazionarsi che con le caratteristiche od il ruolo di un individuo.

Scremando leggi o assiomi che cercano di definirne confini e contenuti, l’essenza della leadership sta nel modo con cui gestiamo le relazioni, indipendentemente dalla estrazione delle nostre interfacce o dal tipo di interazione.

La leadership nella sua essenza si esercita ovunque ed in qualsiasi momento: non solo a lavoro ma anche in privato… nella quotidianità con i propri familiari, con gli amici e più in generale con tutte le persone con cui abbiamo a che fare (compreso il vicino di casa).

Leadership è un concetto senza tempo e senza luogo.. qualcosa che si basa su alcune regole che sono valide universalmente e che sono fondamentali per coltivarla, migliorarla e farne buon uso a prescindere dall’ambiente e dal contesto.

Le 21 leggi fondamentali del leader sono più orientate all’ambito professionale… ma danno un quadro piuttosto esaustivo su come esercitare la leadership in tutti i campi: sono indipendenti l’una dall’altra e possono essere imparate..

“Le persone scambiano il loro attuale livello di comprensione per il massimo livello di conoscenza”

Matthew Fisher della Yale University arrivò a questa conclusione nel 2016, dopo aver interrogato un campione di laureati, chiedendo loro di valutare il proprio grado di conoscenza nelle loro discipline.

L’illusione della competenza derivante da un titolo acquisito, si estende purtroppo anche la mondo professionale dove molti dirigenti rischiano di perdere il contatto non solo con i propri riporti ma anche con la cruda realtà (che li vede mediamente molto meno preparati di quanto essi stessi pensano).

In molti casi chi è definito un esperto tende a sopravvalutare la propria conoscenza, ostinandosi a rifiutare più o meno inconsciamente il parere altrui.

Un’illusione ancora più amara se si pensa che, a parità di conoscenza, la tecnologia avanza d una velocità così elevata che anche le persone più preparate difficilmente riescono a starne al passo.

Sapere di non sapere a volte può sembrare non confortante per il proprio io… ma è una strada più ragionevole per essere sicuri di mantenere una rotta realistica ed evitare di scoprire tutto insieme di “non essere all’altezza”.

Tratto da “Le trappole dell’intelligenza” di David Robson

Dritti al sodo (#3/2021)

Di Greg Mc Keown  pag. 316      08 Gennaio 2021 (#3/2021)

Saper stabilire le priorità è indubbiamente la cosa più importante da fare per chiunque.

E’ un obiettivo che ha validità universale e costituisce un principio assoluto per diversi motivi.

Che si tratti di vita personale o professionale, acquisire la capacità di dare il giusto peso alle cose, è una delle cose che può incidere maggiormente sui risultati di una persona.

Dare le giuste priorità trascende qualsiasi concetto di felicità, successo, risultati e ricchezza perché crea l’unica risorsa veramente limitata il cui utilizzo ottimale può fare la differenza in qualsiasi ambito si decida di utilizzarlo: il TEMPO.

Chi sa farlo riesce a direzionare la propria vita indipendentemente dove punti la bussola.

E’ un percorso evolutivo che richiede estrema consapevolezza ma soprattutto capacità di decidere, di dare importanza alle cose significative e di scartare tutto il resto “senza rancore”..

Creare tempo e circondarsi di qualcuno che sa farlo è estremamente fondamentale per il raggiungimento di qualsiasi obiettivo: in un mondo in cui viviamo è fatto da una miriade di persone che ci fanno perdere un sacco di tempo per cui scovare qualcuno che sa crearlo (e da cui imparare), costituisce uno dei risultati più eccellenti che si possano ottenere.