“Essere leader non significa tanto conquistarci noi il successo, quanto assicurarci di avere persone in gamba”

“Essere leader non significa tanto conquistarci noi il successo, quanto assicurarci di avere persone in gamba: il nostro compito consiste nel rimuovere le barriere, eliminare gli ostacoli che queste persone in gamba si trovano lungo la strada, affinché riescano in quello che fanno”.

Sundar Pichai (CEO di Google) esplicitò questo contenuto durante un discorso all’Indian Institute of Technology di Kharagpur.

La politica di Google sulla leadership e sul modo di fare business è abbastanza chiara e relativamente innovativa rispetto ai tempi, ma rispolvera concetti semplici e fondamentali: i manager sono allenatori e devono far lavorare bene squadre composte da una varietà di talenti diversi.

Lo scopo di un allenatore non è quello di emergere ma quello di combinare al meglio le risorse a propria disposizione, affinché ognuno renda il massimo non solo individualmente ma anche “per il gruppo”.

Questa sottile differenza sancisce definitivamente il passaggio da performance del “single contributor” a performance collettiva in cui un leader è solo uno dei tanti tasselli che compongono una “squadra”.

E’ la servant leadership… quella che dovrebbe sostituire un concetto di leadership “servile” orientata unicamente all’individualità.

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